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Recensione Chilton Long Island 27

Note storiche sulle penne stilografiche e sui loro produttori. Aneddoti e curiosità.
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piccardi
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Recensione Chilton Long Island 27

Messaggio da piccardi »

Come promesso, anche se con parecchio ritardo, ho finito di scrivere la recensione della penna che ho comprato allo scorso Pen Show di Bologna. La recensione completa (in particolare per quanto riguarda la galleria delle foto della stessa, di cui qui riporto solo quella che mi pare più significativa), si trova sul blog a questo indirizzo: http://www.penciclopedia.it/433/chilton ... land-n-27/

Si tratta di una penna poco comune di un produttore poco comune. Per fortuna un venditore ne aveva un esemplare, che ho dovuto contrattare a caro prezzo (in effetti si tratta del modello di dimensioni maggiori), potendo contare solo sul fatto che difficilmente avrebbe potuto trovare qualcun altro a cui venderla…

Al solito le mia capacità fotografiche sono scarse, ma spero che la serie di foto che seguono sia sufficiente ad illustrare in maniera adeguata le caratteristiche di questa penna, una Chilton Long Island n. 27.

Immagine

La Chilton è uno di quei produttori americani “secondari”, spesso assolutamente ignoti non solo al grande pubblico, ma anche al collezionista medio (specie a quello italiano). L’azienda produceva penne di assoluta qualità che non avevano nulla da invidiare, anzi per moltissimi aspetti erano nettamente superiori, a quelle delle marche più note.

La Chilton ha una storia affascinante e nasce dalle attività di Seth Chilton Crocker, figlio di Seth Sears Crocker, uno dei pionieri della produzione di stilografiche negli Stati Uniti e produttore delle penne Crocker. La caratteristica distintiva delle penne prodotte da Seth Chilton Crocker era il loro particolare sistema di riempimento, evoluzione dell’assai scomodo caricamento a soffio ideato dal padre.

Si tratta in sostanza di un efficiente e semplice sistema di riempimento a depressione: il corpo della penna è diviso in due cilindri (l’interno in metallo sottile, l’esterno che costituisce il corpo della penna) che scorrono a tenuta uno sull’altro con il fondello dotato di un foro (si è riportato nella figura sottostante lo schema della prima versione del caricamento, tratto dal brevetto originale americano).

Immagine

Il fondello consente di far scorrere i due cilindri estraendone uno (nel caso della penna in questione, che usa la seconda versione del sistema, diversa da quella illustrata, quello interno). A questo punto per caricare la penna basta riportare in posizione il cilindro avendo cura di tenere chiuso con un dito il foro sul fondello. Questo creerà una compressione sul sacchetto in gomma interno, che si riespanderà, caricando l’inchiostro, non appena si lascerà aperto il foro sul fondello.

Il sistema è meccanicamente molto semplice e robusto, non necessita del meccanismo della levetta, quindi consente di usare sacchetti di gomma più capienti, e funziona ancora oggi meravigliosamente bene. Lo stesso principio, con qualche variazione nella realizzazione, verrà usato nel 1949 dalla Sheaffer per il suo Touchdown, con ben 20 anni di ritardo.

La penna in questione è un modello della produzione effettuata a Long Island (la sede originale della ditta era Boston). Il trasferimento avvenne all’incirca nel 1926, ma lo stile della penna, che risente delle linee affusolate lanciate dalla Balance della Sheaffer nel 1929, indica una creazione intorno agli anni ’30 (le informazioni disponibili sulla Chilton non sono molte e le datazioni risultano in genere piuttosto incerte).

La penna in questione è il modello marchiato 27 (il numero è sempre impresso sul fondello) realizzato in celluloide verde giada. Si tratta del modello di dimensioni maggiori della produzione di quel periodo, lungo 13 cm e largo 1,2 cm sul corpo ed 1,4 sul cappuccio. Quest’ultimo inoltre è dotato della peculiare clip a molla brevettata dall’azienda, che impedisce lo svitamento del cappuccio quando questa viene rialzata.

La penna è in ottime condizioni anche se la celluloide presenta presenta una certa discolorazione, praticamente inevitabile con questo colore, che comunque non è particolarmente grave e neanche troppo estesa. Il pennino, in oro 14 carati, è quello originale, marcato Chilton Pen, si tratta di un pennino semirigido di tratto fine con una buona scorrevolezza.

Immagine

Si può classificare il pennino come semirigido in quanto esso, pur non essendo molto flessibile, riesce ugualmente con un po’ di pressione ad esprimere una certa variazione del tratto, come si può notare dall’esempio di scrittura riportato qui sopra. La scrittura risulta comunque, anche senza premere, piacevole e precisa.

Si tratta quindi di una penna che per l’epoca era estremamente avanzata sia in termini tecnici che qualitativi. Il grande errore della Chilton fu purtroppo quello di concentrarsi sulla qualità piuttosto che sulla comunicazione, per cui le sue penne vennero pubblicizzate poco e principalmente solo nell’area orientale degli Stati Uniti, con la conseguenza di avere una scarsa diffusione.

Questo portò ad un declino progressivo delle sorti dell’azienda che non riuscì mai a sfondare sul mercato ed ottenere successi di vendita proporzionati ai meriti delle sue penne, cosa che finì col portarla alla chiusura all’inizio degli anni ’40, lasciandoci però con alcune delle migliori stilografiche mai prodotte in quel periodo.
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Re: Recensione Chilton Long Island 27

Messaggio da vikingo60 »

Meravigliosa!Mi complimento con te per l'ottima e precisa recensione.
Ciao
Alessandro
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Pupa
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Re: Recensione Chilton Long Island 27

Messaggio da Pupa »

Molto bella :roll: ,
e come dici tu, poco conosciuta (io mai sentita, lo ammetto ;) )
Però,
pur non amando tanto il lato economico degli oggetti d'epoca,
mi hai incuriosito con la storia della contrattazione..
perciò "pretendo" di sapere quale valutazione sia stata data a
questa penna ;)
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Re: Recensione Chilton Long Island 27

Messaggio da fabbale09 »

Simone la penna è splendida e me l'avevi fatta vedere a Bologna, ma veramente complimenti per la recensione.
Si vede che è fatta da una persona che ama la stilo in una certa maniera.

Purtroppo, o per fortuna (dpende da che punto di vista), queste penne non sono molto conosciute in Italia e quindi se si trovano ad un prezzo giusto vanno prese. Hanno (per notorietà), una stroria se possiamo dire simile alle LE BOEUF, stupende penne, ma in italia tutti cercano OMAS !!!

Come si dice in gergo, secondo me hai fatto una BELLA PRESA!!!
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Re: Recensione Chilton Long Island 27

Messaggio da piccardi »

Pupa ha scritto:Molto bella :roll: ,
e come dici tu, poco conosciuta (io mai sentita, lo ammetto ;) )
Però,
pur non amando tanto il lato economico degli oggetti d'epoca,
mi hai incuriosito con la storia della contrattazione..
perciò "pretendo" di sapere quale valutazione sia stata data a
questa penna ;)
Il "valore" di una penna antica è difficile da stabilire, essendoci di mezzo una caterva di variabili che non hai sul nuovo ed una ampia componente soggettiva. Inoltre un conto è il valore di vendita, un conto quello di acquisto.

La penna alla fine l'ho pagata 250 euro, costo leggermente inferiore al prezzo che avrei potuto spuntare su Ebay (a meno di aste particolarmente fortunate e di attese molto lunge dato che queste penne non compaiono spesso). Avendo la possibilità di comprarla avendola in mano, e non con l'incertezza legata ad un acquisto su Ebay alla fine l'ho considerato un prezzo molto conveniente (anche se tutt'altro che trascurabile...).

Ciao
Simone
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Re: Recensione Chilton Long Island 27

Messaggio da piccardi »

fabbale09 ha scritto: Purtroppo, o per fortuna (dpende da che punto di vista), queste penne non sono molto conosciute in Italia e quindi se si trovano ad un prezzo giusto vanno prese. Hanno (per notorietà), una stroria se possiamo dire simile alle LE BOEUF, stupende penne, ma in italia tutti cercano OMAS !!!
O Aurora ...

Non che non li capisca, Omas e Aurora piacciono parecchio anche a me, anche se visti certi prezzi preferisco andare altrove...

Quello che invece mi lascia sempre perplesso sono le quotazioni che raggiungono delle penne tutto sommato mediocri solo per il fatto che essendo state prodotte in misura minore da produttori minori su un mercato minore (la produzione italiana era quasi esclusivamente interna, ed il mercato italiano era piuttosto piccolo) sono relativamente rare.

E' vero anche che la celluloide italiana è probabilmente, nelle sue varietà e colorazioni, la migliore del mondo, ma gran parte delle penne di produzione italiana (fatta eccezione per alcuni modelli di Omas e Aurora) resta comunque di scarsa rilevanza rispetto al panorama internazionale (ed in molti casi, specie per produttori minori, la qualità costruttiva fa abbastanza pena).

Dopo di che esistono un sacco di penne italiane interessantissime, ma quello che non riesco a concepire è che una Columbus sfaccettata costi tre/quattro volte una Doric, quando è una penna inferiore da tutti i punti di vista.

Simone
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