Come dice Miata, giudicare un media in generale non è possibile. Sarebbe come dire “non mi piace il cinema” solo perché si sono visti solo i film dei Vanzina.Miata ha scritto: ↑mercoledì 10 giugno 2020, 7:42Una premessa: non prendere il mio intervento come un tentativo di farti dire "ok, forse mi potrebbero piacere anche i manga" perché non è questa la mia intenzione, anzi!
Mi premeva però specificare a chi non li conosce, una distinzione tra i vari fumetti giapponesi, al solo scopo di informativo.
Il termine manga (immagini divertenti), identifica i fumetti giapponesi da cui derivano anche molti dei cartoni animati (anime). Non ci addentriamo nei vari sottogeneri perché sono fin troppi.
Ma esistono anche i gekika (immagini drammatiche) che sono fumetti per adulti, e con questa definizione si intende fumetti le cui tematiche abbracciano problemi sociali, o storie violente e drammatiche, e che negli anni '60 erano quasi uno strumento di protesta politica.
Allego tre tavole per rendere l'idea di quanto possano essere differenti i vari fumetti giapponesi.
Esasperando il paragone, dico che anche Cocco Bill è italiano ma non somiglia ad un Dylan Dog.
dragon ball.jpg
Qui la resa della dinamicità ha un ruolo chiave (non che la compessità della trama sia da meno).
l'uomo che cammina.jpg
Notare la cura dei dettagli degli sfondi e delle ambientazioni. In questa opera in particolare, sono quasi assenti i dialoghi.
L'uomo senza talento.jpg
Gekika. Per essere questo tipo di magaka non serviva nemmeno particolare bravura o tecnica, era il contenuto quello che contava.
Manga definisce il media. Come da noi la parola “fumetto” o “teatro”. All’interno dei quali sono presenti infiniti generi e stili narrativi. In Giappone la cultura fumettistica permea la società molto più della nostra: tutti leggono manga, ognuno ha il suo genere. Si parla di milioni e milioni di copie vendute ogni settimana. In Europa e negli USA non sono nemmeno lontanamente diffusi come in Giappone. Certo è che i loro fumetti, come è normale che sia, sono molto ancorati alla loro cultura e ai loro stili narrativi quindi è abbastanza normale che qualcuno li senta “lontani da sè” e ci si accosti ad essi con estrema difficoltà e perplessità. A me che amo molto il cinema, ad esempio, non piace il cinema indiano popolare.