Omas Paragon dipinte con la luce
Inviato: mercoledì 13 luglio 2016, 1:59
Esortato, sollecitato, incalzato (grazie Maxpop 55), ho preso la scusa come buona e ho rifatto la fotografia come l’avevo in mente, dipingendo con la luce solo i soggetti principali. Dubito che qualcuno non abbia visto il primo tentativo, già che noi pennofili italiani che frequentiamo il forum non siamo poi molti, ma per non sbagliare, la prima fotografia con la tecnica del light painting si trova qui:
"Ode fotografica alla celluloide Arco" (https://forum.fountainpen.it/viewtopic.php?f=41&t=12398)
Ed eccoci dunque alla seconda prova. La parte difficile é che il fondo non scompaia del tutto, ma riduca la sua importanza a favore degli attori sul palcoscenico. La fotografia ch presento é una delle circa trenta esposizioni che ho realizzato per ottenere il risultato sperato. In realtà, mi sembrava di essere tornato ai tempi della “camera oscura” e delle tecniche di stampa adamsiane. Esposizione principale (la lampada del soffitto), mascherature, bruciature, contando… sette, otto, nove…
Inoltre: la luce della torcia Mini Maglite é troppo cruda. E’ meglio schermarla un poco, e lo faccio con un pezzetto di tessuto bianco posta davanti alla lampada. Il risultato é una luce più dolce e morbida, ma lo svantaggio é che la luce più diffusa va in giro dappertutto, anche sui particolari che voglio si perdano nello sfondo (come la pipa). Dunque, per non “spargere” luce per tutto il set, devo andare con la torcia molto più vicino ai soggetti che voglio illuminare, in modo che la campana di luce sia più stretta. Stando così basso, a volte la torcia “entra in camera”, con uno straordinario ma imprevedibile effetto fiamma, del quale allego una fotografia più avanti.
Conto: due secondi per l’esposizione generale, poi spengo la luce della lampada a soffitto, e comincio a dipingere. Tre, quattro, cinque, sei, illumino la parte frontale della scatola di radica muovendo la torcia avanti e indietro. Sette, otto, nove, dieci, illumino i quaderni sulla sinistra; undici, dodici, tredici, un po’ di luce sopra i quaderni. Quattordici, 15, 16, 17… 24: scorro lungo il fusti delle penne, inclinando la torcia davanti per cancellare le ombre dure nella parte inferiore, e scorrendo in verticale lungo il tappo, ma da una posizione inclinata, per non illuminare anche la pipe, che voglio in ombra.
Venticinque, et voila! Hmmm, non va, troppa luce sul pennino in primo piano, e ancora troppa luce sulla pipa. Si ricomincia. Uno, due, spengo la luce. Tre, quattro… venticinque. Risultato: troppo scuro lo sfondo.
Di nuovo. Uno, due, spengo la luce. Tre, quattro…venticinque. Non sono riuscito a cancellare le ombre sotto i fusti delle penne.
Di nuovo…
Più di trenta tentativi, grosso modo calcolati per migliorare ogni volta qualche dettaglio, per circa mezzo minuto di esposizione, più un po’ di studio degli errori e delle soluzioni, fanno quasi due ore di lavoro, ritardando la cena e quant’altro.
Ma il risultato ora mi piace molto di più:
Grazie per la paziente lettura.
"Ode fotografica alla celluloide Arco" (https://forum.fountainpen.it/viewtopic.php?f=41&t=12398)
Ed eccoci dunque alla seconda prova. La parte difficile é che il fondo non scompaia del tutto, ma riduca la sua importanza a favore degli attori sul palcoscenico. La fotografia ch presento é una delle circa trenta esposizioni che ho realizzato per ottenere il risultato sperato. In realtà, mi sembrava di essere tornato ai tempi della “camera oscura” e delle tecniche di stampa adamsiane. Esposizione principale (la lampada del soffitto), mascherature, bruciature, contando… sette, otto, nove…
Inoltre: la luce della torcia Mini Maglite é troppo cruda. E’ meglio schermarla un poco, e lo faccio con un pezzetto di tessuto bianco posta davanti alla lampada. Il risultato é una luce più dolce e morbida, ma lo svantaggio é che la luce più diffusa va in giro dappertutto, anche sui particolari che voglio si perdano nello sfondo (come la pipa). Dunque, per non “spargere” luce per tutto il set, devo andare con la torcia molto più vicino ai soggetti che voglio illuminare, in modo che la campana di luce sia più stretta. Stando così basso, a volte la torcia “entra in camera”, con uno straordinario ma imprevedibile effetto fiamma, del quale allego una fotografia più avanti.
Conto: due secondi per l’esposizione generale, poi spengo la luce della lampada a soffitto, e comincio a dipingere. Tre, quattro, cinque, sei, illumino la parte frontale della scatola di radica muovendo la torcia avanti e indietro. Sette, otto, nove, dieci, illumino i quaderni sulla sinistra; undici, dodici, tredici, un po’ di luce sopra i quaderni. Quattordici, 15, 16, 17… 24: scorro lungo il fusti delle penne, inclinando la torcia davanti per cancellare le ombre dure nella parte inferiore, e scorrendo in verticale lungo il tappo, ma da una posizione inclinata, per non illuminare anche la pipe, che voglio in ombra.
Venticinque, et voila! Hmmm, non va, troppa luce sul pennino in primo piano, e ancora troppa luce sulla pipa. Si ricomincia. Uno, due, spengo la luce. Tre, quattro… venticinque. Risultato: troppo scuro lo sfondo.
Di nuovo. Uno, due, spengo la luce. Tre, quattro…venticinque. Non sono riuscito a cancellare le ombre sotto i fusti delle penne.
Di nuovo…
Più di trenta tentativi, grosso modo calcolati per migliorare ogni volta qualche dettaglio, per circa mezzo minuto di esposizione, più un po’ di studio degli errori e delle soluzioni, fanno quasi due ore di lavoro, ritardando la cena e quant’altro.
Ma il risultato ora mi piace molto di più:
Ed ecco la versione “fiammata”:
Grazie per la paziente lettura.