Se nel 1912 vi foste trovati a passare da Chicago e non avreste speso 3.35$ (77.31€ circa di oggi) dal sig. Frank H. Mooney per acquistare una sua No. 4 , ve lo dico io, avreste fatto una pessima scelta.
Frank e l’azienda
Scovare informazioni su questo marchio non è stato facile e sono comunque poche. Tuttavia ve le riporto come le ho trovate.
La F. H. Mooney Pen Company era una azienda produttrice di penne locata a Chicago, Illinois.
Immagine di Chicago 1910, via Wikipedia.
Fu fondata da Frank H. Mooney all’incirca nel 1905 e durò fino a circa il 1915.
La Mooney vendeva penne con caricamento “thumb-filling”, letteralmente “riempimento a dita” descritto nel brevetto no. 879,296 registrato nel 1908.
Si può dunque correggere la data del brevetto nel wiki e aggiungere un marchio.
Dal 1915, dopo aver chiuso la sua azienda, Frank H. Mooney lavora come designer/ingegnere presso Conklin dove registra diversi altri brevetti che potete trovare a questa pagina sotto il suo nome.
Il modello
Secondo questa pagina di un periodico del 1912 che ho provveduto ad acquistare da un rivenditore di Chicago che è in viaggio verso Londra (significa che avrete la versione a risoluzione piena nell’apposito argomento a breve) il catalogo della F. H. Mooney era abbastanza particolare.
Innanzitutto la semplicità: contando anche il sacchetto e non tenendo conto di eventuali fronzoli decorativi una F. H. Mooney era formata di 6 pezzi in totale. Ogni pezzo è semplice e robusto e uguale per tutti i modelli a parte le dimensioni.
Tutto è fatto in ebanite ad eccezione del pennino in oro 14 carati e del sacchetto.
Come spiegato nella pubblicità tutta questa semplicità serviva a far sì che in ogni caso siano facili da produrre e perciò difficilmente vadano fuori ordine.
Dimensioni e descrizione
Da chiusa la numero 4 è lunga 12.5 cm.
Il cappuccio è lungo in totale 5.2 cm ed è largo 1.1cm. la testina è bombata e da dritta sul corpo cilindrico del cappuccio. A circa metà dell’altezza troviamo 4 fori d’aereazione circolari e verso la fine il cappuccio si restringe. Che sia fatto particolarmente bene lo dimostra anche il fatto che all’interno, difficilmente notabile, il cappuccio e lavorato con diversi spessori, il che lo rende all’esterno esteticamente appetibile e semplice e all’interno bello robusto.
Svitata e messa da parte la sezione si resta soli con il fusto.
Questo potrebbe sembrare a prima vista un cilindro perfetto ma non lo è, una affusolatura quasi impercettibile verso la zona di giunzione con la sezione infatti armonizza l’insieme e un’altra, simile anche questa, verso il fondello permette al cappuccio di innestarsi e restare abbastanza saldo.
Alla estremità inferiore del fusto, proprio sul fondo, si trova un foro, se avete letto l’intera pagina del catalogo avete già capito a che serve, altrimenti non andate a farlo ora, più avanti resterete sorpresi.
Non ho notato particolari lavorazioni del fusto se non delle linee verticali interne che sembrano indicare che il fusto è stato scavato piuttosto che fresato come il cappuccio.
Incise sul fusto, su due livelli ci sono le parole:
THE MOONEY MODEL FOUNTAIN PEN
HANK & GROSS MERS CHICAGO
Al centro c’è un logo che sembra formato da uno spicchio di luna con naso e fronte sul quale è messa obliquamente una penna stilografica, accanto c’è quello che potrebbe essere un ‘3’ al contrario o una ‘E’ tondeggiante.
La lunghezza totale del fusto è di 9cm con un diametro di circa 0.9cm.
La sezione fatto salvo il canale al centro è una sezione di cono alla cui base c’è un cilindro parzialmente filettato. È semplicissima e si innesta nel fusto in poco più di 8 giri, c’è poi la zona di appiglio del sacchetto.
L’alimentatore è a dir poco particolare, si tratta semplicemente di un pezzo di ebanite lavorato anche piuttosto grossolanamente per quanto riguarda la parte che entra nella sezione per poi avere una parte esterna molto liscia e ben rifinita. Nessuna lamella orizzontale, un unico canale attraversato da due lamelle verticali – o tre canali molto ravvicinati che dir si voglia.
Il pennino in oro 14 carati è di una flessibilità incredibile. Purtroppo però la flessibilità non è l’unica caratteristica di questo piccoletto ma lo è anche la fragilità, infatti purtroppo la punta si è rotta e ho dovuto trasformarlo in uno stub, comunque flessibilissimo! Reca inciso in una forma ovoidale:
F. H. MOONEY
4
CHICAGO
Il caricamento
L’inizio del ventesimo secolo vede una serie frenetica di cambiamenti, evoluzioni, invenzioni, brevetti che – non so voi – io rimango a bocca aperta una volta si e l’altra pure.
Ora, immaginate di essere appena passati dalla cannuccia e i pennini alla stilografica/protostilografica, quello che è cambiato è che adesso la riserva di inchiostro e la cannuccia sono diventate una cosa sola, bisogna solo arginare la caduta dell’inchiostro ed è fatta, Il signor Waterman inventa/perfeziona l’alimentatore e tutti ad imitarlo. Ma non è abbastanza perché qualcuno se ne viene fuori col caricamento di sicurezza che argina gli incidenti che possono avvenire con le prime stilografiche, tutti ad imitarlo. La penna devi però caricarla col contagocce, è scomodo e rischioso, qualcuno se ne esce con il “self-filling” – non nel senso che tu metti la penna sul tavolo e gli ordini di riempirsi e quella lo fa – in varie declinazioni, qualcuna originale, qualcun’altra meno.
Frank H. Mooney? È un personaggio che io… BOH! Non l’ho capito.
Dunque, stando alla documentazione lui ha effettivamente inventato e brevettato un sistema di caricamento tutto suo. Tuttavia l’ha abbandonato dopo qualche anno per prendere un caricamento non suo, vecchio di 10 anni almeno e praticamente fallimentare come il blow-filling, invece di aggirare il brevetto di Sheaffer come hanno fatto molti altri o di preferire un altro caricamento più apprezzato.
Sta di fatto che non voglio opinare ulteriormente sulla questione perché apprezzo molto il fatto che il signor Mooney mi abbia tramandato questa penna con un sistema di caricamento che non avevo mai visto.
Altra nota per il wiki: alla pagina sul blow filler dice che l’unica azienda ad utilizzarlo è stata la Crocker, è chiaro che è errato.
Se non avete capito come si carica, basta mettere la punta della penna nel calamaio, appoggiare le labbra al fondello e soffiare attraverso quel buchino di cui sopra per comprimere il sacchetto, poi appena si tolgono le labbra l’aria esce, il sacchetto si espande e l’inchiostro entra.
Sul foglio di prova
Carta Clairfontaine del Rhodia dotpad A5, inchiostro Diamine Crimson.
Grazie per l’attenzione e tanti cari saluti,
Bologna Pen Show - Mostra Scambio di Bologna
30 novembre 2024 - Hotel I Portici, via dell’Indipendenza 69
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Ultima modifica di ciro il lunedì 16 gennaio 2017, 1:34, modificato 1 volta in totale.
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Ciro complimenti per la penna (era questa quella di cui mi hai parlato giusto?) e soprattutto per l'ottima recensione.
Lettura davvero molto interessante, così come il sistema di caricamento, che sinceramente non conoscevo.
Lettura davvero molto interessante, così come il sistema di caricamento, che sinceramente non conoscevo.
Emanuele
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Penna interessante. Grazie per avercela fatta scoprire con la tua bella recensione.
Il pennino era già rotto o comunque danneggiato immagino...
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Non si finisce mai d'imparare!ebrownolf ha scritto:Ciro complimenti per la penna (era questa quella di cui mi hai parlato giusto?) e soprattutto per l'ottima recensione.
Lettura davvero molto interessante, così come il sistema di caricamento, che sinceramente non conoscevo.
Avevo letto di questo sistema in modo un po' confusionario, però avendolo sperimentato dal vivo posso dire che non è terribile come sembra.
Grazie per i complimenti.
Ciao,Mightyspank ha scritto:Penna interessante. Grazie per avercela fatta scoprire con la tua bella recensione.
Il pennino era già rotto o comunque danneggiato immagino...
mi devi scusare ma io le recensioni le scrivo prima in word e poi le carico sul sito, alle volte pezzi di formattazione li scordo in questo passaggio.
Ho aggiunto un link che spiega perché ho dovuto trasformare il pennino in stub.
Grazie anche a te dei complimenti.