Però il bianco e nero ha dalla sua una sorta di "atemporalitá" che ben si addice, a mio modo di vedere, al tema della penna stilografica, oggetto supremamente inattuale... Inoltre, l'assenza del colore obbliga l'occhio a concentrarsi sulle linee, le forme, i riflessi, il chiaro e scuro. Insomma, per me fotografie le mie penne in bianco e nero é un altro modo per presentare la loro bellezza.
Qui io parlo di bianco e nero non digitale, ma "analogico". Uso questa parola tra virgolette perché, in realtà, non ne ho mai capito veramente il senso per riferirsi alle immagini catturate sulla pellicola fotografica. Sarebbe più sensato definirle "reali", perché sono immagini tangibili, anche senza la necessità di essere stampate. Sono durature...
Mi affascina l'immagine digitale, é poderosa, complessa, duttile, facile. Ma é fragile al tempo. Non so quante decine, forse centinaia di immagini ho già perduto per errori dei media di registrazione. Quando un'immagine digitale é perduta, davvero non ne resta nulla, se non il triste ma certo ricordo che non é mai esistita davvero: non é mai stata "reale".
Ho usato molte delle mie immagini per lavoro, per illustrare i miei articoli, ma anche per pubblicare dei libri. Nei miei archivi ho circa 8 mila immagini di orchidee che ho ripreso con le mie Hasselblad su pellicola diapositiva, più quasi altrettante riprese sul film 135 con le mie Nikon "analogiche", in quasi quarant'anni di documentazione. Sono tutte lí. Alla bisogna, con scanner sempre migliori, si trasformano in immagini digitali per la stampa o per qualunque altro uso. Ma l'originale, tangibile, "reale", é li. Vorrei poter dire lo stesso, con la stessa sicurezza, per le ormai 40 mila immagini che ho realizzato attraverso la documentazione esclusivamente digitale. Il futuro dirà...
Questo intervento é introduttorio. Con il tempo, continuerò a inserire qui nuove fotografie monocromatiche, con qualche commento tecnico sulla loro realizzazione.
Per iniziare, vi presento un paio di immagini in bianco e nero non di documentazione. Sono state riprese sulla pellicola 120 Ilford FP4, esposta a 125 ISO, con una Hasselblblad 500CM (una fotocamera che oggi costa meno di una digitale di scarsa qualità) e un obiettivo mitico, lo Zeiss Planar 100mm f/3.5 T*. Era un obiettivo talmente corretto dal punto di vista planare che si utilizzava soprattutto per la fotogrammetria aerea. Dato il suo uso così specialistico e tecnico, fu il primo degli obiettivi della Zeiss ad essere dotato del famoso trattamento antiriflesso, conosciuto come T* (o Ti Star), che ne aumentava il contrasto riducendo la luce parassita che arriva al piano della pellicola, soprattutto in condizioni di luce difficile. Il trattamento antiriflesso fu iniziato sul Planar 100mm nel 1975. Il mio esemplare ne é sprovvisto, e il suo numero di matricola lo data al 1969.
Lo Zeiss Planar 100mm f/3.5 della serie C per la Hasselblad non fu mai prodotto in finitura completamente cromata, ma nacque nel 1968 in acciaio completamente nero (di fatto, fu il primo obiettivo Zeiss per Hasselblad in finitura nera) . I disegnatori della Hasselblad erano un po' preoccupati dal fatto che, una volta verniciata di nero, la ghiera anteriore dell'obiettivo, sulla quale si montano i filtri ed altri accessori, potesse con il tempo "pelarsi", rivelando il metallo sottostante. Avevano ragione, e molti degli obiettivi C neri delle Hasselblad hanno la vernice un po' sbiadita sulla ghiera anteriore. Per un breve periodo, nei primi anni '70, per ovviare al problema, gli obiettivi Zeiss per Hasselblad furono prodotti in finitura nera ad eccezione della vera frontale, cromata, meno soggetta ad usura estetica. Il mio Planar 100mm é di questa serie intermedia, che trovo bellissima.
quasi tanto perfetto oggi come quando fu prodotto, 51 anni fa
Le due fotografe sono riprese in luce naturale, proviene da due finestre contrapposte, una a circa un metro e mezzo di distanza, e l'altra, che funziona da "luce di riempimento" a circa cinque metri sulla sinitra. L'esposizione delle riprese su pellicola é, ovviamente, più critica di quella che si fa sul sensore digitale, per due ragioni. In primo luogo la pellicola ha una latitudine di esposizione minore (permette meno errori), e in secondo luogo, ogni errore ha un costo di un paio d'Euro! Per queste immagini ho misurato l'esposizione con il mio esposimetro Sekonic Speedmaster L-858D, impostando la lettura per la luce indicente. Poi, con lo stesso esposimetro impostato per lettura riflessa spot, ho controllato che, con l'esposizione selezionata, le basse e le alte luci potessero essere catturate entrambe con dettaglio. Lo Speedmaster L-858D é una macchina spaventosamente precisa!
Et voila!