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il misterioso foro di sfiato

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Esme
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il misterioso foro di sfiato

Messaggio da Esme »

Penso che moltissimi pennofili si siano ad un certo punto posti la domanda "ma a cosa diavolo serve, VERAMENTE, il foro di sfiato?"
Perchè d'accordo, nelle penne più vecchie ha anche questa funzione, ma abbiamo tutti presente come il foro ci sia in moltissimi pennini ad intinzione, e ovviamente in quel caso la funzione di sfiato non ha senso.

L'interessante questione è stata sollevata da mikils qui.
Io per prima ho fornito la risposta che ho sempre ritenuto più adeguata: il foro serve a evitare che il taglio dei rebbi, assimilabile a una frattura, si allunghi ulteriormente.
Però le successive considerazioni emerse nel topic mi hanno fatto riflettere, e alla fine mi sono dovuta bacchettare.
Perchè ho fatto l'errore di spiegare una scelta tecnologica di 200 anni fa con le conoscenze che ho io attualmente, senza prima indagare sui reali processi di fabbricazione che hanno portato a questa particolare specifica.
E quindi faccio ammenda, riportando un po' di informazioni storiche che sono riuscita a raccimolare, che forse possono aiutare a capire meglio il perché di questo foro.

La fonte più ricca (e una delle poche) è il libro "The Story of the Invention of Steel Pens" di Henry Bore, pubblicato nel 1890.
È un breve compendio molto interessante sull'evoluzione dei pennini in metallo, e su come quelli in acciaio siano riusciti a soppiantare l'uso della penna d'oca, a dispetto delle iniziali reazioni non positive.
Le fonti storiche di cui si fa menzione nel trattato non sono lineari, sconfinando a volte nella diceria e nella agiografia, ma raccontano bene il passaggio da un'attività prettamente artigianale a una di tipo industriale, evoluzione avvenuta verso il 1820 a Birmingham, in Inghilterra.
Ci sarebbe veramente tanto da dire, ma dato che l'argomento è il foro di sfiato, cerco di concentrare la sintesi sulle fasi produttive che lo riguardano e che riguardano, per forza di cose, il taglio dei rebbi.

Uno degli uomini che ha notevolmente contribuito a questa svolta è stato Josiah Mason, e sono trascritte alcune sue affermazioni riguardanti la realizzazione della fessura tra i rebbi e la sua evoluzione tecnologica.
Secondo quanto riportato da Mason, una prima tipologia di pennini, risalenti alla fine del 1700, era quella dei pennini tubolari.
In questi pennini il taglio tra i rebbi era ottenuto dal semplice accostamento dei due lembi di lamiera. Il tubicino veniva poi lavorato in modo simile a una penna d'oca (anche le penne d'oca avevano la fessura).
Uno splendido e particolarissimo esempio è stato presentato qui nella collezione Baschirotto, e fa parte dei pennini con punta preziosa citati nel testo.
Nulla è detto di un eventuale foro, in quello presentato il foro non è presente.

La seconda tipologia era quella dei pennini a botte, simili a quelli moderni.
In questi pennini il metodo più vecchio di taglio prevedeva che, prima della tempra, con uno scalpello venisse segnato il taglio dalla parte interna. Con un martelletto si provocava poi la rottura del pennino lungo quel segno.
Anche in questo caso non viene menzionato il foro, però in questo tipo di taglio, usato anche per creare intagli decorativi, spesso si usava fare piccoli fori che servivano sia per definire con esattezza le estremità di taglio, sia per evitare che le rotture proseguissero più del dovuto.
Secondo Mason questo metodo a rottura, considerato primitivo, era quello utilizzato per i primi pennini Perry.

Nel libro è poi riportato il testo di una lettera del 1886, in cui viene fatto un resoconto del metodo di fabbricazione dei pennini in argento e in acciaio in uso nel 1823.
Il foro, piccolo, era praticato tramite punzonatura, dopo la curvatura ma prima della formatura delle punte. Successivamente veniva realizzato il taglio mediante l'utilizzo di una sega a filo, e con una cesoia si modellava la forma dei rebbi.
Questa testimonianza è decisamente illuminante.
La sega utilizzata era una tipologia di sega da gioielliere, una piercing saw. Il foro serviva quindi per poter far passare la sottile lama attraverso la lamina del pennino, prima di fissarla al telaio, e poter poi eseguire il taglio dal centro verso la futura punta.

Il passaggio cruciale per l'industrializzazione fu quello di realizzare pennini "stampati" per mezzo di appositi torchi a vite. È questo tipo di produzione che Mason contrappone a quella primitiva.
Il metodo produttivo, non distante da quello utilizzato oggi, è ben descritto nel dettaglio.
Dopo la tranciatura della forma del pennino e l'imprimitura delle stampigliature, veniva punzonato quello che viene definito "foro centrale" (center pierce).
Bore attribuisce al foro la funzione specifica di trattenimento dell'inchiostro. Sottolinea come nel tempo il foro abbia assunto anche valore decorativo, e come l'operazione di foratura fosse un momento delicato.
Dopo le varie operazioni di tempra e curvatura, occorreva trasformare il pennino da semplice punta a strumento di scrittura. Questo avveniva attraverso il taglio dei rebbi.
Prima del taglio, però, la zona centrale che va dal foro alla punta veniva oppurtunamente molata per conferire elasticità. Il foro serviva quindi anche come punto di riferimento per questa operazione.
Il taglio avveniva utilizzando un torchio, per quello veniva definito da Mason taglio stampato, anche se attualmente lo definiremmo una cesoiatura a ghigliottina.

Cosa si può dedurre da tutto ciò?
Penso sia sensato ritenere che la funzione del foro centrale si sia evoluta con le modifiche di produzione.
Nei pennini artigianali realizzati con la sega da gioielliere era semplicemente necessario per iniziare il taglio, ed era piccolo.
Se presente nei pennini con taglio realizzato a rottura, poteva avere la funzione di segnarne l'inizio e anche, effettivamente, di bloccarne l'estensione incontrollata, però in fase di realizzazione, non durante l'utilizzo.
Probabilmente con l'uso si era scoperto come il foro (non presente nelle penne d'oca) aiutasse a trattenere l'inchiostro e a farlo fluire più efficacemente nel taglio, per cui è stato mantenuto anche quando si è passati ai pennini stampati.
Sicuramente era diventato un elemento decorativo, e si era sperimentato che variandone la forma si poteva aggiungere elasticità.
Per questi due motivi, il foro centrale era diventato più ampio, spesso molto allungato o addirittura doppio.
Fungeva anche come riferimento per l'importantissima e delicata fase di molatura centrale prima del taglio.
Non si può escludere che mantenesse anche la funzione di evitare che la cesoiatura andasse oltre il dovuto, sempre in fase produttiva, evitando al contempo tensioni problematiche all'apice del taglio.
Nelle penne con serbatoio, invece, la funzione di trattenimento dell'inchiostro non era necessaria ed era invece necessario evitare che il pennino si discostasse troppo dall'alimentatore. I pennini con grossi fori non erano quindi adatti, ma quelli con fori più piccoli sì.
Il foro centrale era ora diventato utile per favorire lo scambio di aria.

Qualche necessario link di riferimento.
Il testo citato lo si può trovare nella versione originale, non completa, su google books.
Qui c'è una trascrizione completa.
Altri link di interesse https://thesteelpen.com/2017/11/09/pen- ... ions-laid/
https://kallipos.de/steel-pen-history.html
https://kallipos.de/steel-pen-manufacturing.html
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Messaggio da sansenri »

grazie, molto interessante.
Come dicevo altrove, avevo appunto letto che anche al giorno d'oggi ancora si usa modificare il foro in modo da allungare il taglio tra i rebbi, il ché aggiungerebbe un po' di flessibilità aumentando la lunghezza della parte "libera" dei rebbi. Il foro a chiave farebbe appunto questo, dato che la parte tonda resta dov'è normalmente il foro, e il taglio a chiave si estende indietro verso il piede del pennino.
E' ovvio che andando indietro a quando i pennini si facevano praticamente a mano, per avere un pennino flessibile era forse più semplice partire direttamente a fare i rebbi più lunghi!
La parte della molatura è interessante, mi domando se si faccia ancora o se questa mancanza concorra alla minor flessibilità dei pennini moderni.
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Messaggio da Esme »

In effetti nel testo si dá molta rilevanza a questa molatura.
I primi pennini in ferro, pur essendo più duraturi di una penna d'oca, erano troppo duri e sgradevoli, per cui non avevano più di tanto successo.
A quanto pare questa lavorazione li aveva invece resi come flessibilità paragonabili alle penne d'oca.

In realtà penso influisse molto anche il processo di tempratura.
I primi pennini artigianali non erano temprati.

Per quanto riguarda il foro, sicuramente l'introduzione del sistema a presse ha permesso di praticare fori più ampi e dalle forme più svariate, pur rimanendo un'operazione delicata.
Prima di questo sistema i fori erano punzonati a mano, e immagino fosse più laborioso realizzare punzonature ampie e complesse.
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Messaggio da Mir70 »

Grazie Esme per questa ricerca !

Del perché è nato il foro di sfiato è, a quanto pare, talmente ovvio che nessuno ci pensa: se devo eseguire un taglio partendo dal centro verso l'esterno di un materiale con un seghetto ad archetto (tipo quello dei gioiellieri o da modellismo), devo prima fare un foro per permettere alla lama passare. E brava Esme.

Poi probabilmente come spesso accade, da cosa nasce cosa, e così ci si accorge che quel foro aiuta a trattenere una gocciolina in più di inchiostro , che magari conferisce una morbidezza maggiore al pennini , che tutto sommato se quel foro è eseguito con un punzone a forma di cuore risulta anche più bello a vedersi, che con queste "nuove" penne a serbatoio l'inchiostro fluisce meglio , e così via ... In sintesi , dal "foro nasce cosa"

L'unica cosa che non mi torna è tutta questa enfasi sull' operazione di molatura che aiuterebbe a conseguire maggiore flessibilità; della parte del testo linkato che potuto leggere io sul processo di grinding, peraltro scarno, sembrerebbe una semplice molatura del bordo delle ali del pennino, probabilmente per renderle meno taglienti e più arrotondate . Anche la descrizione dell'attrezzatura sembra indicare una mola bella grandicella per il contesto , con un disco di più di una ventina di centimetri di diametro: più che molare i bordi di un affaruccio piccolo come un pennino non vedo cosa altro si possa fare .
Ma forse mi sono perso io qualche pezzo di tutto questo discorso .
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Messaggio da ASTROLUX »

Durante l'uso del pennino, questi tende a flettersi ed allargare il taglio, questo potrebbe provocare l'estensione del taglio stesso sulla parte integra del pennino... dunque una estensione della "frattura". Il foro, posto all'estremità del taglio ne blocca di fatto l'allargamento.
Almeno questo deduco, dalle mie conoscenze di meccanica.
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Messaggio da Mir70 »

Quello che riporti ha certamente senso Astrolux.
Qui ci si soffermava sul perché della "nascita" del foro, e pare di capire che fosse una necessità per eseguire il taglio dei rebbi. Poi , come ho evidenziato prima, da cosa nasce cosa, e il foro è tornato utile anche per fermare la linea di frattura.
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Messaggio da Esme »

Sicuramente le informazioni sono scarne e ogni produttore cercava di non rivelare i segreti della propria attività, anche considerata la fortissima concorrenza presente a Birmingham.
Ho dovuto rileggere il testo più volte per mettere in fila le informazioni, che in alcuni casi mi sembrano un po' affastellate.

Per quanto riguarda la particolare molatura, sono due i passaggi in cui se ne fa riferimento, ma in effetti non sono chiarissimi.
Il primo recita:
Ma se la dichiarazione di Levesley deve essere presa alla lettera, egli fu l'inventore di una specialità da cui, ancor più che dall'eccellenza del materiale, dipende il pregio di una penna d'acciaio: la molatura di un piccolo incavo sul retro del pennino, a circa un ottavo di pollice dalla punta. Il mio informatore ha descritto non solo l'azione benefica di questo assottigliamento del metallo, sia nel favorire il flusso graduale dell'inchiostro che nella flessibilità della scrittura, ma anche il piacere con cui ha portato un esemplare a Birmingham per mostrarlo a Gillott, e la sorpresa di quest'ultimo per un effetto così grande e così benefico, fornito da una causa così piccola.
Per me è difficile capire con esattezza a quale incavo si riferisca, ma la distanza riportata, 3mm, fa pensare fosse una lavorazione tra il foro e la punta (in un altro passaggio si dice che i fori erano a cinque ottavi).

Il secondo punto in cui se ne parla è nella descrizione più dettagliata della produzione:
Prima di essere tagliata, la penna viene molata tra il foro centrale e la punta.
la ragazza, tenendo saldamente in mano una penna, con un tocco leggero smeriglia una porzione di superficie
A me fa pensare a una molatura centrale, non sul bordo, però non è chiaro.
La mola, così come descritta e raffigurata nel tondo, è effettivamente grande. Non viene però specificata la larghezza della striscia di cuoio su cui è applicato lo smeriglio.

Quello che invece è chiarissimo dal testo è che i pennini di metallo hanno soppiantato molto velocemente le penne d'oca nel momento in cui il loro prezzo è sceso, grazie all'industrializzazione, e hanno raggiunto una buona elasticità.

En passant: curiosa l'affermazione secondo cui gli spagnoli comperavano pennini tripartiti (perché?) e che gli italiani si accontentavano di pennini di qualità comune, mentre francesi e tedeschi ambivano a pennini di prima classe.
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Messaggio da Esme »

ASTROLUX ha scritto: domenica 22 ottobre 2023, 11:23 Il foro, posto all'estremità del taglio ne blocca di fatto l'allargamento.
Sì, come detto questa è stata anche la mia prima risposta alla domanda di mikils.
Sicuramente il foro blocca il propagarsi delle frattura.
Però questa è una considerazione a posteriori, e mi sono chiesta se veramente fosse nato con questo scopo, perché gli interessanti interrogativi di mikils erano proprio incentrati su questo (notando che c'erano alcuni modelli di pennini ad intinzione che il foro non l'avevano).
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Messaggio da ASTROLUX »

Esme ha scritto: domenica 22 ottobre 2023, 11:42
ASTROLUX ha scritto: domenica 22 ottobre 2023, 11:23 Il foro, posto all'estremità del taglio ne blocca di fatto l'allargamento.
Sì, come detto questa è stata anche la mia prima risposta alla domanda di mikils.
Sicuramente il foro blocca il propagarsi delle frattura.
Però questa è una considerazione a posteriori, e mi sono chiesta se veramente fosse nato con questo scopo, perché gli interessanti interrogativi di mikils erano proprio incentrati su questo (notando che c'erano alcuni modelli di pennini ad intinzione che il foro non l'avevano).
Penso di si, perchè i miei colleghi ingegneri meccanici lo hanno subito identificato a tale scopo... pur ignorando l'esistenza delle stilografiche come strumenti di scrittura... :lol:
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Messaggio da Mir70 »

Esme ha scritto: domenica 22 ottobre 2023, 11:36 Per quanto riguarda la particolare molatura, sono due i passaggi in cui se ne fa riferimento, ma in effetti non sono chiarissimi.
Si si, ora mi è chiaro Esme . Mi ero perso (anzi, dimenticato perché lo avevo letto) il primo passaggio che penso possa essere quello che porta alla formazione del V-shape (mi sembra che qualcuno lo identifichi con questo termine, o qualcosa di molto simile), in pratica un assottigliamento del materiale subito dopo le punte, giusto 2-3 mm sotto (1/8 di pollice come riporti), che effettivamente dona una maggiore elasticità (che comunque deve essere già presente grazie al processo di tempra).

V_sh.png
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Messaggio da amadeus »

Grazie Esme, molto, molto interesante!
che sia proprio questa misteriosa molatura il perduto segreto dei pennini flessibili di un tempo ?
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Messaggio da Esme »

ASTROLUX ha scritto: domenica 22 ottobre 2023, 12:13 Penso di si, perchè i miei colleghi ingegneri meccanici lo hanno subito identificato a tale scopo.
Eh, ma è appunto questo l'"errore" a cui mi riferivo.
Dare una spiegazione a posteriori, utilizzando conoscenze moderne per un oggetto che è nato 200 anni fa. 🙂

Sono anch'io ingegnere, quindi anche per me pensare a quello scopo viene immediato.

Approfitto del tuo intervento per cercare di spiegarmi meglio.
Che il foro soddisfi questa funzione è innegabile.
Ma è stato pensato per quello sin dall'origine?
E in quale fase (di realizzazione o di utilizzo) può veramente essere utile?

Per la prima domanda non ci sono risposte certe, ma leggendo il compendio sembra più verosimile che sia stato introdotto per una motivazione ben diversa.

Per la seconda domanda, invece, sono quasi certa che questa funzione possa essere stata eventualmente significativa in fase di realizzazione (taglio a rottura o taglio a cesoia).
In fase di utilizzo, a meno di pennini molto deboli e mal realizzati o pennini dall'elasticitá esagerata, ho qualche difficoltà a pensare che un normale utilizzo possa veramente far allungare la fessura tra i rebbi. Oltretutto i pennini in acciaio elastici erano dotati di fessure laterali sulle ali, ed era lì che agivano le tensioni.

C'è da considerare anche che i pennini in acciaio venivano sostituiti spesso. Sarebbe stato ragionevole aggiungere questa lavorazione per dei pennini il cui primo problema era la spuntatura?

Forse per i pennini stilografici questa funzione, così come quella di sfiato, è risultata invece utile.
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Messaggio da Esme »

Mir70 ha scritto: domenica 22 ottobre 2023, 12:26 penso possa essere quello che porta alla formazione del V-shape
Hai ragione, potrebbe proprio essere questa molatura.
amadeus ha scritto: domenica 22 ottobre 2023, 13:01 il perduto segreto dei pennini flessibili di un tempo
Chissà! 🙂
Sicuramente, come ricorda Mir, la tempra incide molto, ma anche le lavorazioni meccaniche producono alterazioni nella risposta alle sollecitazioni.

Un peccato che tante informazioni e segreti si siano persi nel tempo.
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Messaggio da asx2 »

Complimenti davvero a tutti (in particolare, alla Madre di tutte le colpe)!
Discussione interessantissima.
A
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Messaggio da JohnDT10 »

Molto interessante, grazie Esme! :thumbup:
Però non capisco il perchè del tagliare il pennino dal foro centrale e andare verso la punta (e non viceversa come fanno oggi) :think:
Renato.
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