L'importanza della memoria

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netosaf
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Messaggio da netosaf »

Da un punto di vista pennistico sono da sempre appassionato del periodo che va dagli anni quaranta alla fine dei sessanta.
In particolare sono rapito dalle italiane, in primis Omas e Minerva e ne ho, nel tempo, raccolte diverse decine.
A volte mi fermo a confrontare una Omas extra o una Milord (senza andare a pezzi più pregiati) con una penna dei giorni nostri e mi chiedo cosa è successo, perché si è persa tanta bellezza, precisione di fabbricazione, affidabilità e sopratutto piacevolezza del pennino?
E ancora: è stato proprio inutile a noi ragazzi della I° elementare della fine degli anni 50 essere obbligati, usando il pennino e la boccetta di inchiostro riempita dal bidello, a scrivere paginate intere di lettere dell'alfabeto?
E allora mi sento ancora di più stimolato ad essere convinto testimone e custode di una piccola parte di quel mondo perduto.
Qualcuno non sarà d'accordo e mi porterà esempi di altrettanta precisione ed affidabilità nelle fabbricazioni attuali; è la classica discussione "da bar" che non vedrà né vinti né vincitori rimanendo ognuno della propria convinzione.
Citando una frase di un famoso film di Benigni: è aperto il dibattito.

stefano
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Gargaros
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Messaggio da Gargaros »

Sarò banale, ma secondo me il problema si chiama capitalismo. O meglio consumismo.


PS
Parlo per sentito dire, ovvio, visto che al momento non ho ancora nessuna penna vintage :_(
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PenDragon
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Messaggio da PenDragon »

Ho 4 penne d'epoca che, ammetto, non adopero e che tengo come "collezione" come altre penne più "blasonate".
Senza voler entrare in teorie economiche (qui ognuno avrà le proprie idee) noto che la stessa "evoluzione" si è allargata anche ad altri comparti.
Un prodotto quasi di uso quotidiano (ci saranno state sicuramente nei vari periodi penne di qualità e penne di minore qualità...per i canoni dell'epoca) si è trasformato in un prodotto di nicchia per appassionati. Molto è dovuto anche ad aspetti demografici e all'introduzione di materiali "innovativi" (in genere plasticaccia).
Ma al settore di nicchia (ammesso che abbia mantenuto gli stessi standard qualitativi...e non ne sono sempre sicuro) si è affiancato un settore di massa....ma qui in genere l'ha fatta da padrone il commercio elettronico (a discapito del negoziante di fiducia) che raggiunge milioni di persone ma che in genere pretendono prezzi bassi..... ne sono afflitto in parte anch'io, ahimé.

Ho vissuto una cosa analoga con il modellismo, da piccolo con la mia paghetta di poche lire andavo dal cartolaio vicino casa e mi prendevo modellini, colori, pennelli e tutto l'occorente; e quando potevo andavo nei negozzi specializzati (e se ne trovavano) con scaffali e scaffali di scatole per tutte le tasche...l'unico problema era l'imbarazzo della scelta.

Ma per fortuna ci sono i gruppi come questo pieno di appassionati, esperti...gente che fa cose eccelse con penne di tutti i tipi, carte ed inchiostri...e da cui non si finisce mai di imparare.
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Messaggio da Oreo »

Non ricordo cosa volevo scrivere...
sansenri
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Messaggio da sansenri »

netosaf ha scritto: domenica 14 novembre 2021, 10:26 Da un punto di vista pennistico sono da sempre appassionato del periodo che va dagli anni quaranta alla fine dei sessanta.
In particolare sono rapito dalle italiane, in primis Omas e Minerva e ne ho, nel tempo, raccolte diverse decine.
A volte mi fermo a confrontare una Omas extra o una Milord (senza andare a pezzi più pregiati) con una penna dei giorni nostri e mi chiedo cosa è successo, perché si è persa tanta bellezza, precisione di fabbricazione, affidabilità e sopratutto piacevolezza del pennino?
E ancora: è stato proprio inutile a noi ragazzi della I° elementare della fine degli anni 50 essere obbligati, usando il pennino e la boccetta di inchiostro riempita dal bidello, a scrivere paginate intere di lettere dell'alfabeto?
E allora mi sento ancora di più stimolato ad essere convinto testimone e custode di una piccola parte di quel mondo perduto.
Qualcuno non sarà d'accordo e mi porterà esempi di altrettanta precisione ed affidabilità nelle fabbricazioni attuali; è la classica discussione "da bar" che non vedrà né vinti né vincitori rimanendo ognuno della propria convinzione.
Citando una frase di un famoso film di Benigni: è aperto il dibattito.

stefano
la mia prima elementare è nella metà degli anni '60, eppure ho fatto a tempo per un periodo molto breve ad usare anch'io la penna con la cannetta di legno arancione intinta nel calamaio che stava infilato in un buco rotondo in mezzo al banco di legno con il piano inclinato verdone...
Ricordo quell'esperienza abbastanza con orrore, con il foglione di carta assorbente che in poco tempo si macchiava di nero per ogni dove...
Per mia fortuna il passaggio alla stilografica fu rapido, e seppure non fossi uno studente modello in calligrafia, il cambio di penna mi sembrò una liberazione. La fida Pelikan 120 non perdeva un colpo, e ho il vago ricordo, le prime volte, di mia mamma che mi insegnava a riempirla...
A quell'età l'uso di stilografiche più preziose (e già penso a quanti giovani appassionati oggi partono con penne di molto inferiori, e approdano alla 120 o alla M200 solo dopo mezza dozzina di penne -è d'uopo - dozzinali) mi erano tassativamente negate (per buone ragioni, la mia prima 120 fece una brutta fine). Le guardavo e concupivo però, in uso soprattutto da mio papà (anche mia madre tuttavia le usava). Mio papà ne aveva diverse, non le ricordo tutte, qualcuna di quelle che lui aveva e chissà che fine fecero, le ricercai nell'usato dopo, desiderando averle "per ricordo".
La Sheaffer PFM bordeaux è una di queste. Quelle che non cercai mai furono delle sottilissime Cross.
Non feci a tempo allora a cogliere la bellezza e l'uso dei pennini flex, d'altronde a quell'età avevo altri interessi, "la penna" era uno strumento per fare i compiti e i temi... tuttavia continuai ad usare le stilografiche a lungo, almeno fino alla fine dell'università. L'impatto con l'odiata biro fu abbastanza traumatico e mai trovai soddisfazione, passando con poca convinzione ai primi pennarelli, che odiavo anch'essi per la punta che con il tempo si allargava, ma che almeno non schizzavano via per la tangente come la punta della biro.
Dopo l'avvento del PC che in pochi anni portò quasi alla morte della mia calligrafia... tornai alle stilo, e lì riesplose forte il desiderio di usarle e possederle.
Perché non le fanno più come una volta? Probabilmente è una domanda da bar, ma si applica a molte cose. Il mondo popolato di strumenti analogici, perfetti e duraturi, che tanto ci affascinava da giovani, non c'è più. Non credo sia tanto bieco "consumismo", è proprio che quella minuziosa perfezione, efficienza, solidità, non si può più raggiungere a prezzi sensati (e forse nemmeno insensati), e quindi si devono trovare altre vie, che portino almeno a un risultato vagamente simile (ma non più uguale).
Il progresso è fatto così, alcune cose si perdono, altre ovviamente si guadagnano (alcune che allora erano impensabili!).
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Messaggio da Maruska »

Evito il discorso sulle stilografiche vintage/moderne: a me non piace la roba usata.
Però noto che la produzione generale di tutte le cose non ha niente a che fare con le cose prodotte una volta: orecchini in oro fatti a regola d'arte, ora il più delle volte sono stampati. Un anello di mio nonno fatto in una maniera che ora ce lo sogniamo, stupendo, non saprei neppure come descrivere quella lavorazione.
Ma non solo, anche le borse, le scarpe, i vestiti, cinture, orologi, gli astucci per le penne, le cartelle della scuola. Tazze, bicchieri, piatti, posate, mobili, lavatrici, è finita l'era di quelle cose tanto belle e ben fatte che duravano una vita, ora solo roba fatta in serie e spesso fatta male e poco resistente. C'era passione nel fare le cose, ora ci sono solo i soldi.
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Messaggio da effebi56 »

Desidero esprimere un sentimento di gratitudine a chi ha avviato questa discussione, ma anche a chi l'ha riesumata riportandola in evidenza.
Appartengo alla generazione di quelli che hanno imparato a scrivere con la stilografica, ai pennini supportati dalla cannuccia da intingere nel calamaio ci sono arrivato per vezzo e curiosità poco dopo per ambizione collezionistica, o forse anche grazie ad una mamma insegnante che qualche volta mi ha portato a scuola con lei ed in quelle occasioni ho visto i banchi in legno con il piano inclinato e l'alloggiamento per il calamaio, quelli che ho usato io erano individuali con il piano orizzontale rivestito di formica.
Personalmente rimpiango ogni cosa che ha caratterizzato la mia infanzia, a partire dal buon senso che originava qualsiasi scelta in ottica evolutiva di miglioramento.
Attualmente avviene esattamente il contrario.
I miei interessi, e di conseguenza le scelte, sono orientati al vintage in ogni ambito riscontrando, anche su prodotti che potevano essere considerati economici nel periodo storico in cui sono stati presentati, livelli di qualità senza paragoni rispetto a prodotti attuali della stessa categoria.
Un tempo le cose venivano fatte per durare, oggi sono programmate per rompersi.
Culturalmente appartengo alla categoria di chi aggiusta potendo, piuttosto che sostituire. Recentemente con le piogge che ci sono state nella primavera infausta che sta finendo, indossando un paio di scarpe classiche regalatemi da mio padre una trentina d'anni fa, mi sono trovato con un calzino inzuppato a causa della fessurazione della suola in gomma originale della scarpa. E già questo costituisce la testimonianza tangibile della qualità della calzatura trentennale che, avendo le tomaie perfettamente conservate, mi ha convinto a portarle ad un artigiano che oltre alle riparazioni confeziona scarpe su misura. Con lui ho concordato il servizio che cercavo facendo sostituire suole e tacchi con prodotti che Vibram dedica a Church's. La spesa per la riparazione mi avrebbe sicuramente permesso di acquistare un paio di scarpe nuove da grandi magazzini multimarca, ma con quale aspettativa di qualità?
Per questo prediligo il vintage al moderno nelle penne, come per gli orologi piuttosto che nelle auto che danno miglior soddisfazione e certamente meno problemi dei prodotti nuovi di fabbrica. Negli indumenti personali fatico ad applicare la stessa convinzione per una questione psicologica più che d'igene, ma essendo un amante del cotone e della lana, ma in generale delle fibre naturali, rimpiango la qualità dei tessuti datati che oggi sono diventati difficili da trovare, se non in capi esclusivi sopratutto per i costi che hanno.
Le cose che il bambino ama rimangono nel regno del cuore fino alla vecchiaia.
La cosa più bella della vita è che la nostra anima rimanga ad aleggiare nei luoghi dove una volta giocavamo.
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Messaggio da RisottoPensa »

Siamo abituati a dedign diversi e forme più semplificate.
La ricerca della complessità delle decorazioni è ormai un fattore vintage che piace a pochi, e sempre più nella nicchia della gente più anziana.

E sopratutto del prezzo... Una omas degli anni passati con l'inflazione costa quanto una di pennino d'oro di fascia media odierna ( es Waterman carene ). Ormai anche un pennino in acciaio scrive più o meno come quello in oro come scorrevolezza e resistenza agli acidi ( con placcature varie e PVD ), sempre ovviamente che usi ancora un inchiostro ferrogallico con tutti quelli pigmentati e ph neutri che ci sono...

Sinceramente le nuove resine colorate e una maggiore attenzione agli stampi dei pennini per me sono superiori alle vecchie penne con la presa in plastica nera e quei colori orrendi come verde pino, rosso bordeaux, giallo ocra, marrone cioccolato e i vari tappi in ferro placcato in oro.

Bisogna sì, poter avere un ritorno al classico, ma sinceramente non spenderei soldi per avere una copia esatta delle vecchie penne.
Una delle novità più grandi che sono state introdotte nelle penne italiane è stata proprio la finestra dell'inchiostro visibile alla pelikan.
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Messaggio da ricart »

Brevi ricordi ma nitidi: banco in legno, colore nero biposto con piano inclinato e ribaltabile, calamaio in vetro e pennino con cannuccia, quaderni con le copertine nere e bordo rosso, macchie e dita nere, "profumo" di gesso e inchiostro, stufa in terracotta di colore rosso più fumo che calore. Mi ricordo le camicie con il ricambio per il colletto e i polsini. Gli oggetti e i vestiti si potevano riparare, sono spariti i calzolai, gli arrotini e anche i sarti di paese.
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Riccardo

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Messaggio da Polemarco »

Orbene, eravamo abituati a considerare alcuni oggetti “per sempre” come appunto le stilografiche o gli orologi che ci regalavano in occasione della cresima o della laurea; altri beni erano comunque “per lungo tempo” come le scarpe o i cappotti (che per i piccoli, ricorderete, si acquistavano con il principio della “crescenza”, vale a dire di taglie maggiori del necessario per essere usati per più tempo).

Ma una decina di anni prima si era scoperto l’ “effimero”, l’ontologicamente transeunte, l’approccio non più aulico alla cultura.

Qualcuno ricorderà le estati romane al Massenzio, l’Arch. Nicolini e la proiezione del Napoleon di Abel Gance nel 1981.

Probabilmente il portato di un pensiero debole (debole è soltanto la sua autodefinizione e non vuole essere un termine denigratorio)o del principio di incompletezza.

In quel periodo, esplode il fenomeno degli Swatch e Tex Willer comincia a valere quanto Renzo Tramaglino (che - comunque - ho sempre considerato un po’ cretino, degno futuro consorte di quella madonnina infilzata della Lucia, “quest'acqua cheta, questa santerella, questa madonnina infilzata, che si sarebbe creduto far peccato a guardarsene").

Non pensate che stia rimpiangendo i bei tempi andati.
Non è quello il senso.

E’ il prendere atto del cambiamento in corso, giusto o sbagliato che sia.

La mia prima penna stilografica è stata una Aurora 98 (regalo per la Comunione) con inibitoria assoluta per l’uso. Alle elementari usavo le Bic ma ne perdevo una a settimana. A quel tempo a Roma (anni ‘60) i maschietti indossavano a scuola un grembiule blu, un colletto e un fiocco bianco. Mio padre mi impose di usare una Bic con catenella agganciata al grembiule. Non perdevo la penna ma il grembiule si strappava spesso: la catenella fu eliminata.
PS sul braccio portavamo uno scudetto con la bandiera italiana e il numero romano della classe frequentata. Al ginnasio, solo le ragazze usavano il grembiule che era nero.
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Messaggio da Ste003 »

ricart ha scritto: sabato 3 giugno 2023, 13:57 Gli oggetti e i vestiti si potevano riparare, sono spariti i calzolai, gli arrotini e anche i sarti di paese.
Annata 1952 :D
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Che triste verità. Sono spariti perché compriamo il nuovo e non ripariamo più nulla o non ripariamo e compriamo il nuovo perché sono spariti?
😎
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Messaggio da effebi56 »

Ste003 ha scritto: sabato 3 giugno 2023, 14:37
ricart ha scritto: sabato 3 giugno 2023, 13:57 Gli oggetti e i vestiti si potevano riparare, sono spariti i calzolai, gli arrotini e anche i sarti di paese.
Annata 1952 :D
:wave:
Che triste verità. Sono spariti perché compriamo il nuovo e non ripariamo più nulla o non ripariamo e compriamo il nuovo perché sono spariti?
😎
Mi viene il dubbio di non aver portato la mia testimonianza con sufficente chiarezza. 😂
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Messaggio da Maruska »

vorrei una lavatrice vintage nuova, qualcuno ce l'ha da vendermi?
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Messaggio da Esme »

Maruska ha scritto: venerdì 2 giugno 2023, 18:59 le cartelle della scuola
Ecco... le mie erano in finta pelle, per quanto le trattassi bene a fine anno non erano molto sane.
Idem quelle dei compagni di classe.

Lo zaino di mio figlio, invece, acquistato in prima elementare, lo sta usando anche ora in prima superiore. Ne aveva scelto uno "da grande", fatto bene (di una nota marca diventata di moda con i paninari 🙂).

Le cose fatte bene secondo me ci sono ancora, quantomeno in alcuni settori.
Il problema è che devi impiegare un sacco di tempo per scovarle e per distinguerle da quelle fatte con i piedi.

Sulle penne, non ho mai nascosto che prediligo le vintage, ma più per la storia che raccontano.
"È tutta colpa di Esme" [Bons]

"Sarò più entusiasta di incoraggiare il pensiero fuori dagli schemi quando ci saranno prove di un pensiero all'interno di essi." [sir Terry Pratchett]
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Messaggio da Automedonte »

Esme ha scritto: sabato 3 giugno 2023, 19:11 Le cose fatte bene secondo me ci sono ancora, quantomeno in alcuni settori.
Il problema è che devi impiegare un sacco di tempo per scovarle e per distinguerle da quelle fatte con i piedi.
Concordo sul fatto che ci siano ancora ed anche sul fatto che sia più difficile trovarli e probabilmente dipende dal fatto che l’offerta è molto più variegata. Non mi riferisco solo alla moltitudine di marche ma proprio ad una maggior varietà di qualità.
Un tempo le “cineserie” ( non necessariamente prodotte in Cina) non esistevano oggi dilagano ed a causa del prezzo inferiore spesso ci convincono all’acquisto, allo stesso modo oggetti mediocri pur costando cari ci attirano grazie ad adeguare campagne pubblicitarie e questo rende molto difficile la scelta.
Cesare Augusto
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