SCHNELL “PENSELPEN” – New York, 1928

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SCHNELL “PENSELPEN” – New York, 1928

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Prologo
La penna
Le misure

MARCA E MODELLO
1. Questioni di metodo
2. Il Produttore: Julius L. Schnell
3. La Marca
4. Lo strumento
5. Il nome
6. La trasvolata e la clip
7. Le pubblicità
8. I colori e le taglie
9. Modelli da scrivania
10. Personalizzazione
11. Stile
12. Il sistema di caricamento
13. I gruppi scrittura

Conclusioni


* * *


Prologo
Dopo averla ammirata dal vivo nella collezione di Armando Dabbene a Milano (viewtopic.php?p=179839) e aver goduto della presentazione dello splendido esemplare di Marcello (Peppepipes) qui sul forum (viewtopic.php?f=28&t=12782), avevo deciso che mi sarei procurato anch’io un esemplare della mitica Schnell’s Penselpen, alla prima occasione propizia… Così, nel marzo dello scorso anno, dopo solo una manciata di minuti dal suo inserimento nella vetrina di un noto sito di vendite californiano, l’ho prontamente acquistata e me la sono fatta spedire a casa. Ovviamente, per posta aerea!

1. SP. The Pen.jpg

La penna
SCHNELL PENSELPEN “combinazione di penna stilografica & matita automatica” (combo), misura standard in celluloide nera tornita da barra piena, parti metalliche a vista laminate oro, corretto pennino Schnell in oro 14 carati, caricamento [slide] lever filler; matita automatica con mine da 1.1 mm; produzione U.S.A., anno 1928.

Le misure
Penna chiusa: 14,9 cm
2. SP. Capped 1.jpg
Penna con cappuccio calzato: 14,7 cm
3. SP. Posted 1.jpg
Cappuccio: 5,7 cm
Fusto: 14,1 cm (con pennino sporgente di 1,8 cm)
Lunghezza solo matita: 4,8 cm (con mina retratta)
Lunghezza solo stilografica: 9,3 cm (con pennino sporgente di 1,8 cm)
4. SP. Open and unscrewed.jpg
Diametro cappuccio: 12 mm
Diametro max fusto: 11 mm
Diametro medio impugnatura: 10 mm
5. SP. Open 1.jpg
Peso (carica): 20 g
Cappuccio: 5 g
Fusto: 15 g
Peso solo stilografica: 8 g
Peso solo matita: 7 g


MARCA E MODELLO
1. Questioni di metodo
Come sono solito procedere nelle mie ricerche, dopo aver consultato il nostro formidabile Wiki :clap: mi rivolgo alle fonti pubblicitarie su rivista (che spesso acquisto direttamente) e ai cataloghi d’epoca (quando siano stati resi generosamente disponibili in rete); da tempo ho preso anche a consultare per abbonamento i quotidiani nordamericani (di “seconda fascia”), che non si trovano praticamente mai in vendita al pubblico, non essendosi conservati per il deterioramento della carta (a differenza delle riviste generaliste); poi mi rivolgo agli studi/interventi pubblicati sull’argomento dai grandi collezionisti (che citano spesso i libri specifici sull’argomento), e ancora ai dati immessi sulle piattaforme di e-commerce da venditori qualificati e in rete dagli appassionati…
Anche questa volta, così, sono potuto giungere a scoperte interessanti ma la Penselpen, pur molto amata dai collezionisti, si è purtroppo rivelata ancora avvolta nel mistero per diversi dettagli fondamentali.

2. Il Produttore: Julius L. Schnell
Le notizie biografiche sul mitico Julius L. Schnell (nato secondo i miei calcoli intorno al 1872) ce le ha fornite lui stesso, in alcune interviste rilasciate (o forse meglio si potrebbe dire “commissionate”) in coincidenza con il lancio della “Penselpen” nel 1928 e poi reiterate nei mesi seguenti, che culminarono in un esteso ritratto per il “Reader’s Digest” del giugno 1929, messo a disposizione in rete dai PCA (Pen Collectors of America): https://drive.google.com/file/d/1N8ogfC ... vP8gv/view

Schnell era emigrato dall’Alsazia (sotto la Germania, all’epoca) negli U.S.A. all’età di 21 anni e, dopo una breve gavetta in manifatture meccaniche, si era impiegato presso produttori di penne stilografiche: prima la O.E. Weidlich, poi la John Holland e infine la Swan (per 6 anni). Si era quindi messo in proprio nel 1903 per produrre – grazie anche ai brevetti depositati – (parti di o intere) stilografiche per conto terzi: Edward Todd, Conklin (alla quale arrivò a fornire fino a 600.000 penne a contratto) e Dunn, oltre a rifornire clienti privati nel fiorente “mercato pubblicitario” (per es. 75.000 stilografiche per una grande compagnia telefonica). Nel 1912 ricevette persino la lusinghiera offerta di associarsi con Walter A. Sheaffer a Fort Madison, che però egli rifiutò per non abbandonare New York. Comunque, aveva intrapreso anche la produzione “in prima persona” come nel caso delle stilografiche “The Arlington”, per le quali compariva col proprio nome come “Manufacturer”. La considerazione di cui godeva nell’ambiente fece sì che nel 1928 egli risultava essere (da alcuni anni) “Presidente dell’Associazione dei Produttori di Stilografiche” americani.

3. La Marca
Questo è uno di quei casi non certo infrequenti in cui la “Marca” ha prodotto un solo “Modello”, e il nome dell’azienda lo incorpora direttamente nel trademark:
Schnell Penselpen Corporation,
130 W. 42nd St. — New York, N. Y.
6. SCHNELL PENSELPEN CORPORATION trade mark.jpg


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La prima notizia della “Schnell Penselpen Corporation” da me rinvenuta sulla stampa quotidiana statunitense è del 3 marzo 1928 (sul «The Morning News» di Wilmington, Delaware): in essa sono citati la ricapitalizzazione e il cambio della ragione sociale
da “Dub-El Service Pen-Pencil Corp.
in “Schnell Penselpen Corporation”.
7. The_Morning_News_Sat__Mar_3__1928_.jpg
The_Morning_News_Sat__Mar_3__1928

Richard Binder nella sua Glossopedia non ravvisa alcun collegamento tra la “Dub-El Servis Corporation, Inc.” e la “Schnell Penselpen Corp.”, mentre io ne ho trovati tre, decisamente significativi.
La “Dub-El Service” andrebbe, innanzi tutto, più correttamente indicata come “Dub-El Servis” (ennesimo gioco di parole per indicare il “double service”, ovvero il “doppio servizio” offerto dallo strumento), di proprietà del newyorkese Joseph Maynard Gilliam, e produceva inequivocabilmente combo stilografica-matita già dal 1924, come risulta dai “trademarks” pubblicati dall’Ufficio Brevetti americano:
8. DUB-EL SERVIS trade mark.jpg
L’estratto dal quotidiano che ho allegato precedentemente indicava che l’operazione tra le due Corporation di New York era in qualche modo “localizzata” a Dallas, Texas: orbene, come si può leggere nello sterminato annuario civico ella città nel 1928 le due società risultavano allo stesso indirizzo,
9. Dub-El Servis and Schnell Penselpen.jpg
al 707-8 del Praetorian Building (il primo grattacielo del West!).
10. Praetorian Building, Dallas, Texas.jpg
“General manager” risultava Clarence M. Wheeler, ricco immobiliarista texano che si era associato con Schnell per l’impresa della combo (decise con lui “il nome della cosa”) per divenire presidente della “Schnell Penselpen Corporation”, mentre Julius Schnell ne era il vicepresidente e manager della produzione.
11. Dallas Directory 1928, Schnell Penselpen Corp..jpg
Ma anche a New York la sede della nuova Schnell Penselpen Co. e quella della vecchia “Dub-El Service” coincideranno! Quello che sembra essere sfuggito ai commentatori (per colpa del numero civico 130 letto come 150) è che l’indirizzo di New York è lo stesso che assumerà la “Schnell Penselpen Co.”: 130 West 42d St., New York, N.Y. (a soli due minuti da Times Square). Ma le “coincidenze” non sono finite: si sono anche trovate alcune tra le ultimissime combo “Dub-El Servis” (in celluloide) con la clip ad aeroplanino [forse i primi test di mercato da parte di Schnell?]… Quest’ultimo aspetto, riportato da G.Kovalenko (https://fountainpenhistory.blogspot.com ... 7s+ezerite) non ho però potuto verificarlo “direttamente” (con immagini, articoli o documenti).

L’impresa di Schnell si proponeva di competere coi colossi del settore (sia tra le penne che tra le matite meccaniche!), come risulta da un annuario bancario (Rand McNelly Bankers Directory) aggiornato alla metà del 1928:
13. Bankers 2.jpg
(Noto soltanto che, molto stranamente, tra le “Big Five” manca la Parker…).

Già alla fine dell’anno, però, questi erano gli ingenti investimenti nella città di Pittsburgh, come risulta da questo straordinario articolo che contiene anche le cifre impegnate nell’operazione Penselpen, e l’organigramma societario.
14. The_Pittsburgh_Press_Sun__Dec_9__1928_.jpg
The_Pittsburgh_Press_Sun__Dec_9__1928

Ma la situazione creata dal crollo di Wall Street del 24 ottobre del 1929 non lasciò scampo a Schnell, che si trovò a metà del guado con la sua intrapresa nel momento peggiore possibile: a me non risulta alcuna promozione pubblicitaria della Penselpen dopo il gennaio 1930 (e già si tratta di svendite); si ha notizia (ma questo non sono stato in grado di verificarlo personalmente) che la Compagnia sia stata dichiarata fallita nel 1931.

4. Lo strumento
Ovviamente, il capitale iniziale e i mezzi di produzione dovevano essere stati conferiti o destinati all’impresa ben prima degli atti pubblici di cui ho dato notizia: Schnell, infatti, nella sua intervista più completa afferma che era dal 1925 che pensava al progetto di una “combo”, ed esattamente da quando un certo Wilhelm gliene aveva mostrata una chiedendogli se sarebbe stato in grado di replicarla e metterla in produzione; Schnell aveva riconosciuto lo strumento e andò così sostenendo pubblicamente (erga omnes) che era stato lui stesso ad inventare il connubio “stilografica a serbatoio-matita meccanica” già nel lontanissimo 1892, costruendo anche un prototipo, ma che poi si era dimenticato della cosa… L’affermazione è impegnativa e non poteva essere provata in assenza di brevetti depositati, ma non suona così stupida come la versione attribuita a Schnell da alcuni commentatori (che la criticano, e ci mancherebbe altro!) di aver inventato tout court le combo solo alla fine degli anni Venti…
L’origine dell’idea, infatti, è decisamente “antica”, e nei tempi moderni esempi di “strumenti multifunzione” con “pennino da intinzione & matita meccanica” si fanno risalire già al Settecento, per raggiungere l’apice del virtuosismo realizzativo durante la tarda epoca vittoriana (seconda metà dell’Ottocento), come per la “dip pen-pencilEdward Todd che avevo recensito alcuni anni or sono: viewtopic.php?t=12553
15. EDWARD TODD, dip pen and pencil combination, ca. 1885.jpg
Ma è all’inizio del Novecento che ai pennini da intinzione si sostituirono le stilografiche a serbatoio. Tuttavia, nessuno di quegli strumenti ebbe diffusione e notorietà sufficienti da creare un trend nazionale: potremmo ricordare la DUOGRAPH della Eagle (1908), la FUNCIL (sic!) della Esterbrook del (1909)…
16. EAGLE Founcil 1908 - ESTERBROOK Duograph 1909.jpg
…fino ad arrivare alla già citata combo “Dub-El Servis” del 1924. A differenza di altre realizzazioni precedenti, però, pare che quest’ultima non fosse riuscita ad ottenere un brevetto negli U.S.A. (riuscendo però a depositarlo in UK).
Intorno al 1925 Julius Schnell, buon ultimo sul mercato, trovò più semplice accordarsi per sfruttare industrialmente il brevetto di tale C.S. Nudelman (chiesto nel 1923 e concesso nel 1925: US-1526365, uno dei 4 brevetti che troviamo stampigliati sul fusto della “Penselpen”), pensando che quello era proprio il tipo di combo stilografica-matita (https://www.fountainpen.it/Combo) che avrebbe voluto realizzare, perché da bravo tecnico del settore evidentemente capiva che non sarebbe riuscito ad “aggirarlo” in modo conveniente con una variante progettata ex novo.
Nel 1929 Schnell credeva che il merito delle vendite della Penselpen andasse «per il 75%» alla clip ad aeroplanino, ma la storia ci dice che, almeno a lungo termine, si sbagliava clamorosamente: la “clip” fu solo la punta di diamante che rese “riconoscibile” lo strumento “multifunzione” combo grazie a un prodotto finalmente “memorabile”, che ne forniva una re-interpretazione di assoluta qualità (la Penselpen), che diede origine oltre ogni previsione ad una moda folgorante e diffusissima (tutti pazzi per le combo), che coinvolse decine di produttori di terz’ordine con milioni di pezzi venduti (e ciò ancora durante la Grande Depressione!), ma anche i colossi del settore come la Swan (con le combo a marchio “Swallow”) e persino tutte le Big Five (con diversi gradi di riluttanza, va sottolineato), che qui sotto elenco in ordine crescente di rarità: Sheaffer, Conklin, Wahl-Eversharp, Waterman, Parker.
Ovviamente nessun concorrente della Schnell all’epoca si azzardò ad esibire quella clip ad aeroplanino che oggi, questo sì, rende la Penselpen la più iconica delle combo Art Déco… 8-)



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5. Il nome
Penselpen = Pencil [pronuncia: /ˈpens(ǝ)l/] + Pen
ovvero combinazione di matita automatica & penna stilografica.
Ma il gioco di parole è in realtà doppio, poiché il termine “pensel” (scritto anche “pencel” e “pensil”) in inglese è già di senso compiuto, e di significato di per sé evocativo: derivato dall’antico francese penoncel, esso indica il gagliardetto di un cavaliere (come quelli posti sulla punta di una lancia). Avremmo, dunque, un riferimento nemmeno troppo velato a “nobiltà e coraggio”, che però oggigiorno pochi anglofoni capirebbero, essendosi statisticamente di fatto perduto nella “lingua viva” l’uso comune della parola “pensel” dopo la Seconda Guerra mondiale…

Lo stesso Produttore ebbe difficoltà a mettere a fuoco una definizione univoca delle funzioni disponibili già dal lancio:
- 1928-10-25 «pencil and fountain pen in one»
- 1929-09-03 «fountain pen and automatic pencil all in one»
- 1929-09-10 «pen and pencil all in one».
In una Ad multimarca (non realizzata dalla Schnell, quindi) dell’ottobre 1929 è indicata come «Combination pen-pencil».
È appena il caso di notare che nel nome dello strumento non vi è alcun riferimento all’aereo che ne costituisce esteticamente ed emozionalmente il connotato distintivo…
17. SP. Posted 2.jpg

6. La trasvolata e la clip
Nonostante si tratti di un’epopea costellata anche di tragici fallimenti, il periodo dal 1919 al 1939 è passato alla storia come “The Golden Age of Aviation”: fu grazie a imprese leggendarie che infrangevano limiti e record a ripetizione, infatti, che l’aviazione divenne sempre più il mito tecnologico di riferimento dell’umanità industrializzata, per restarlo saldamente da allora in poi…
18. The_Brooklyn_Daily_Eagle_Sun__May_22__1927_.jpg
The_Brooklyn_Daily_Eagle_Sun__May_22__1927

Per visualizzare la notizia dell’impresa di Charles Lindbergh - la prima trasvolata “in solitaria” attraverso l’Atlantico da New York a Parigi - ho scelto la prima pagina dello stesso quotidiano di New York nel quale ho ritrovato (quasi un anno e mezzo dopo) la prima pubblicità di Penselpen da me reperita, che mostrerò tra breve.
Solo nove giorni dopo la comunicazione al mondo intero del successo dell’eroica impresa, completata da Lindbergh il 22 maggio 1927, Julius Schnell (con geniale intuito) depositava presso l’ufficio brevetti il “design” di un fermaglio a forma di aereo…
19. Clip Patent.jpg
… a cui in seguito farà riferimento come alla «patented air-plane safety clip», incidendo orgogliosamente il numero del brevetto
PAT. NO. 73416
bene in vista sull’elica del “modellino” così efficacemente stilizzato!
20. SP. Clip inscription.jpg
La clip e lo strumento che le sta attaccato non possono certamente essere definiti nel loro insieme un gadget “commemorativo ufficiale” della trasvolata di Lindbergh (e infatti il nome del pilota non comparirà mai in nessuna delle pubblicità della Penselpen), perché il merchandising relativo alla storica impresa (dagli orologi alle penne) era stato tutto rigorosamente “appaltato” e “protetto”: ex ante, ma soprattutto ex post (poiché non era certo che “il matto volante” ci sarebbe riuscito…). Per quanto riguarda le stilografiche, la circostanza è testimoniata da questa pubblicità Waterman,
21. 1927-12-Waterman-5x-Lindberg.jpg
dal Wiki
ben nota “fake-news” (Lindbergh aveva usato una matita, per ovvi problemi di peso/praticità/affidabilità), propalata prima in Francia, nell’imminenza dell’impresa, e solo dopo qualche mese (in traduzione) in Italia.

Il brevetto US proteggeva l’uso esclusivo del design per 14 anni e Schnell narra, con giusto compiacimento, che già la settimana dopo il deposito un avvocato si presentò alla sua porta con 10.000$ in contanti per farselo cedere, ma che come inventore egli resistette alla tentazione in previsione di un enorme profitto futuro… E così alla Parker (giusto per fare un esempio conosciuto) si dovettero accontentare di gettare dall’aereo pubblicitario aziendale le stilografiche Duofold da chilometri di altezza per dimostrare la robustezza della loro celluloide... :D

Ovviamente, nella citata intervista del 1929 Schnell ricamerà anche sulle doti tecnico-meccaniche della clip di sua invenzione, denunciando le manchevolezze (presunte) di tutti gli altri fermagli fino ad allora posti in commercio… :roll:
22. Clip Patent detail.jpg
23. SP. Cap x 4.jpg


7. Le pubblicità
Contrariamente a quanto si legge in rete, l’offerta al pubblico della Penselpen era iniziata (un po’ in sordina ma) già nell’autunno del 1928, per cogliere “al volo” l’impennata delle vendite che caratterizzava il periodo natalizio: in un mercato americano che produceva all’incirca 20 milioni di nuove penne all’anno, per un giro d’affari di 70.000.000$, anche per l’export, ovviamente, e ca. 5 milioni di penne (tra rotte e perdute) da rimpiazzare obbligatoriamente ogni anno (con una popolazione all’epoca di ca. 120 milioni di abitanti), con l’economia dei “roaring Twenties” che girava al massimo subito prima del crollo di Wall Street, sotto Natale si sarebbero rotti volentieri i salvadanai per le ultime novità scintillanti e alla moda, specie se promettevano di essere anche efficienti strumenti di lavoro (regalo tecnologico bello e utile).

Ecco il primo (pessimo) tentativo di buttarsi nella mischia per tempo, (magari anche con la produzione un po’ in ritardo, e troppo poco da investire in pubblicità), in cui Schnell sembra denunciare tutti i limiti dell’uomo “pratico” pur di straordinarie capacità (si vantava di essere uno dei pochissimi uomini al mondo a saper costruire “tutta” un’intera stilografica con le sue mani!), che però non sapesse comprendere fino in fondo la necessità di investire soldi in una buona pubblicità, colorata e affascinante, nella nuova era della comunicazione… a New York, poi.
24. The_Brooklyn_Daily_Eagle_Thu__Oct_25__1928_ COLLAGE.jpg
The_Brooklyn_Daily_Eagle_Thu__Oct_25__1928

Il prezzo di vendita era fissato «da 5 $ in su».

Inopinatamente, subito dopo il lancio la Schnell introdusse una sorta di antropomorfizzazione dello strumento affibbiandogli il soprannome/nickname di “BIG BILL” in una mini-campagna con almeno due testi differenti, ma ciò non faceva che inserire un potenziale elemento di confusione e diminuiva la memorabilità del nome del prodotto (“Penselpen”); inoltre si presentava la combo con il cappuccio calzato prima che il prodotto fosse riconoscibile nella sua doppia funzione di matita-penna omettendo di fatto di mostrare con un’immagine le potenzialità decisamente innovative (per il grande pubblico) dello strumento…
25. The_Brooklyn_Daily_Eagle_Thu__Nov_8__1928_ COLLAGE.jpg
The_Brooklyn_Daily_Eagle_Thu__Nov_8__1928

Decisamente migliorata (sotto tutti gli aspetti) la serie di Ads pubblicate alla fine di novembre 1928 su un quotidiano di Pittsburgh: ed era quello che certamente si aspettavano i generosi investitori nella città della Pennsylvania (come abbiamo visto nell’articolo di contenuto finanziario che ho allegato precedentemente).
26. Pittsburgh_Post_Gazette_Thu__Nov_29__1928_ COLLAGE.jpg
Pittsburgh_Post_Gazette_Thu__Nov_29__1928
Notiamo come il motto in testa a quest’ultima Ad («Semplicità e Servizio») richiami il brand della combo “Dub-El Servis” cui abbiamo accennato in precedenza…



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Nella primavera del 1929 l’ufficio marketing (?) capirà che era meglio inserire anche i colori di tendenza, sfoggiando finalmente una livrea black & pearl (con celluloide realizzata con “squame di pesce” come quella di Parker) che era senza dubbio la colorazione più richiesta del momento per tutte le marche.
27. St__Louis_Globe_Democrat_Thu__Apr_18__1929_ COLLAGE.jpg
St__Louis_Globe_Democrat_Thu__Apr_18__1929

Compare anche per la prima volta in una Ad della Schnell l’elenco dei brevetti che si ritrovano nella straordinaria iscrizione che fa bella mostra di sé sul fusto della “Penselpen”:
28. SP. Barrel inscription.jpg
• US-1144436:J. Schnell, 1914/1915 – caricamento
• US-1357083: J. Schnell, 1916/1920 – alimentatore
• 73416: J. Schnell, 1927 – clip
• US-1526365: C.S. Nudelman 1923/1925 – combo stilo/matita
Tra le righe (!) è presente anche la specificazione che il nome dello strumento “Penselpen” - realizzato in uno splendido “corsivo” - è un “marchio depositato” (trade mark = ©), quindi anch’esso “protetto” da eventuali “appropriazioni” da parte della concorrenza.

Di seguito possiamo apprezzare una versione pubblicata nell’estate seguente, senza l’ingombro dell’elenco dei negozi in cui la penna veniva distribuita.
29. St__Louis_Globe_Democrat_Tue__Aug_27__1929_.jpg
St__Louis_Globe_Democrat_Tue__Aug_27__1929

A maggio 1929 la Schnell Penselpen Corp. cercava agenti di vendita per il Montana, Nevada, Arizona, e l’espansione verso Ovest era quasi completata nel dicembre del 1929, momento pessimo quant’altri mai, purtroppo, raggiunta la California ma con un ridimensionamento del prezzo massimo del 25% (l’oversize B&P proposta a $ 7,50).

Non si ha alcuna notizia in rete di Ads della Penselpen pubblicate sulle grandi riviste generaliste, dove i Produttori americani di punta si sfidavano a colpi di pubblicità dal forte impatto visivo per dettare le linee guida del mercato. Quasi timidamente, la Schnell comincerà solo alla fine del 1929, con una elegantissima inserzione a tutta pagina su una rivista specialistica di Economia (forse anche in vista di una campagna nazionale), ma era ormai troppo tardi a causa della Grande Depressione: per cui quella che adesso vi propongo ha la caratteristica della primizia assoluta (e le dedicherò l’attenzione che merita nel prosieguo dell’articolo).
30. SCHNELL PENSELPEN. 1929-12. «The Journal of Business Education», Volume III, Issue III, pag 12.jpg
SCHNELL PENSELPEN. 1929-12. «The Journal of Business Education», Vol.III, Iss. III, pag 12

@Simone: la rivista originale l’ho cercata per un anno intero(!), ma non è stata mai messa in vendita: ho ottenuto di poter scaricare l’Ad dietro pagamento, ma non la pubblicherò se non in fotografia e con la mia penna all’interno (quello che non si legge, lo integrerò per iscritto); tutte le Ads contenute in questa recensione, come avrai capito trattandosi di quotidiani, sono state da me ottenute in forma digitale per abbonamento (o pagamento diretto) per scopo di studio, per cui non saranno liberamente ripubblicabili.

Dalla primissima pubblicità per un anno fino al novembre 1929 il motto “Why carry two?” fu rigorosamente espresso con il “punto di domanda”. Ma dal dicembre 1929 al gennaio 1930 (fine dei giochi), il “?” fu rimosso e la domanda sottintesa (come oggi nelle “ricerche” in rete e nella comunicazione su alcuni social), figurando in questo modo perfino sul coperchio della scatolina porta-penna come “claim” della Marca.
31. SP. Why carry two.jpg

E le pubblicità delle Schnell’s Penselpen, almeno per quel che mi riguarda, temporalmente finiscono qui: non ho rinvenuto più alcuna Ad a partire dal gennaio 1930, se non quelle (2) relative a tristissime quanto inevitabili svendite in stock…


8. I colori e le taglie
Tutte le Penselpen furono costruite in celluloide, che la Casa prese a un certo punto a chiamare “Opalite” e a dichiarare, ovviamente, “infrangibile” (unbreakable).
Per ricostruire la lista dei colori disponibili mi sono affidato totalmente alle immagini condivise in rete:
nero, rosso, verde, nero e perla (non dal lancio, però), nero e bronzo, verde chiaro e scuro e perla, rosso e perla (un “blu e perla” sembrerebbe piuttosto frutto di viraggio della celluloide).
Mentre risulterebbe almeno una laminata oro (16k 1/10 gold plated), non è affatto certo (né a questo punto probabile) che fossero disponibili anche il rivestimento in argento e in oro massiccio (che Julius Schnell non avrebbe verosimilmente potuto produrre autonomamente).

Quanto alle taglie, ecco ciò che ho potuto ricostruire.
La Penselpen fu lanciata come «proprio della misura della vostra solita penna», ma subito si intuì che in pubblicità come in guerra e in amore è meglio “spararla” sempre un po’ più grossa: dopo la breve parentesi del nickname “BIG BILL”, dunque, le inserzioni si assestarono nel promuovere la super capacità in fatto di inchiostro e di mine («oversize ink and lead capacity»).
Ma in quante taglie veniva prodotta la Penselpen?
Orbene, l’unica pubblicità che ne parla espressamente sembra essere, paradossalmente, l’ultima che ho allegato, in cui vengono mostrate una No.62, venduta a $ 6,50, e una No.75, proposta al (molto inconsueto) prezzo di $ 8,75.
Io ipotizzo che i numeri dei modelli possano contenere un riferimento sia alla taglia (le decine) che al colore (le unità). Seguendo questa ipotesi avremmo:
7 taglia grande [oversize] – 2 black & bronze
6 taglia inferiore [standard] – 5 black & pearl
Ma, lo ripeto, questa è assolutamente solo una mia ipotesi.
I pochissimi commentatori che ne parlano, accennano o a due sole taglie (chiamandole oversize e standard, escludendo quella “da donna” perché senza la clip), oppure parlano di tre taglie “numerate” (come nel depliant del 1937 relativo alla “seconda versione” della Penselpen che commenterò in seguito) con la progressione #4, #6 e #8 (anche qui forse escludendo dal novero le Lady).

Per farmi un’idea un poco più precisa, ho deciso di effettuare una comparazione delle misure delle lunghezze dichiarate in rete, principalmente da venditori. Ho così ricavato la seguente tabella, che va presa, quindi, con amplissima riserva.
Lunghezze Schnell Penselpen a strumento chiuso:
[Oversize] (#8) [7]: 6 1/16”  15,39 cm
[Standard] (#6) [6]: 5 7/8”  14,92 cm
[Junior] (#4) [5]: 5 ¾”  14,60 cm
[Lady] [4]: 5 ½”  13,90 cm (all’anello fisso)
N.B.: la taglia “Lady” non ha la clip ad aeroplanino ma il ring top, e 2 verette decorative invece di una.

La clip potrebbe essere sempre la stessa per tutte e tre (due?) le taglie che la impiegano; ciò spiegherebbe perché sembra (decisamente più) piccola sulla oversize: se osservata frontalmente, infatti, “avanza” della superficie ai lati delle ali, mentre ciò non avviene nella misura appena inferiore, in cui la clip riempie perfettamente il cilindro “visibile” (come la penna in presentazione). Anche la distanza dell’elica dalla testina piatta (punto di decollo!) è inferiore, ma sicuramente ben distribuita tenendo conto della leggibilità del punto di luce costituito dall’unico anellino…
Insomma, come “volpe volante” ufficialmente dichiaro che l’uva della misura inferiore alla massima è la più matura! :mrgreen:

9. Modelli da scrivania
Come risulta ancora dall’ultima Ad da me allegata, vi erano ben due versioni da scrivania, pronte al lancio per il Natale 1929, ovvero già sul mercato ma non pubblicizzate precedentemente:
• un “desk set” tradizionale, con penna “dedicata”, molto affusolata, con una simil-coda per alloggiare la matita meccanica all’estremità (che ricorda il modello di combo da scrivania di Waterman in ebanite fiammata), catalogato come N° 101-B;
• un secondo modello che impiega come “base” il supporto di un calendario cartaceo a fogli staccabili – N° 400-C – che prevedeva l’utilizzo della penna così com’era, secondo la filosofia Parker di convertibilità da “pocket pen” a “desk pen”, ma a differenza di Parker senza montare un’ulteriore prolunga affusolata (coda) di cui non ci sarebbe stato realmente bisogno considerata l’eccezionale lunghezza dello strumento in sé.


10. Personalizzazione
Secondo le pubblicità da me raccolte, nel novembre 1928 l’ordine immediato per l’acquisto di una Penselpen dava diritto all’incisione gratuita del nome: chi acquistò la mia penna non se lo fece ripetere due volte e ne approfittò, oh, se ne approfittò!
32. SP. Barrel personalization.jpg
Manca solo il numero di scarpe… :shock:

Non ci è voluto molto per rintracciare il primo proprietario della mia Penselpen:
33. Geo. D. Anderson - 1928.jpg
si tratta di George D. Anderson (coniugato con Olivia), ingegnere civile (nel 1928 presso la engineer consulting di un certo F.A. Jones), residente in Llano av. al civico 6358, tel. 3-9234 (almeno dall’anno precedente 1927), e la città di residenza è…Dallas (!), Texas, proprio dove l’avventura della Schnell Penselpen Corp. era stata resa finanziariamente possibile grazie al capitalista C.M. Wheeler (che era divenuto Presidente della compagnia): solo una coincidenza? Boh, ragionateci sopra… :lol:
Nonostante la Grande Depressione, il mio omonimo George sembra aver fatto una brillante carriera: dopo essere passato a lavorare come “assistente sovrintendente alle concessioni” per la grande Fiera di Stato del Texas (1930), lo ritroveremo dieci anni esatti dopo l’acquisto della Penselpen (1938) come “Consulting and Constructing Engineer” in proprio, ai piani alti di un grattacielo “con l’aria condizionata”, sempre con la stessa moglie e allo stesso indirizzo (forse anche con la stessa penna???).

11. Stile
Lo stile dello strumento è condizionato dall’impianto del cappuccio: “flat top” (testa/estremità “piatta”) purissimo, esaltazione senza compromessi del cilindro geometrico; e, tuttavia, il segmento della matita meccanica all’altra estremità dello strumento, decisamente conico, di fatto già nel 1928 partecipa del nuovo carattere “streamlined” (filante, affusolato), in leggero anticipo rispetto al rivoluzionario movimento stilistico che verrà inaugurato ufficialmente dalla Sheaffer “Balance” alla metà del 1929…
34. SP. Capped 2.jpg
Il cappuccio - decorato "modernamente" da una singola veretta sottile (invece di quella spessa in voga negli anni precedenti, o delle due sottili che stavano per imporsi) - si serra sul fusto compiendo un giro e ¼ sulla filettatura a tre principi ed è dotato di due fori di aerazione speculari ricavati a mezza altezza, subito al di sotto del controcappuccio interno, che ha il compito di “sigillare” il gruppo scrittura, che può così riprendere prontamente a scrivere anche dopo periodi di inutilizzo significativi (e lo fa davvero :thumbup: ).

12. Il sistema di caricamento
In rete esiste un’assoluta incertezza intorno al reale sistema di caricamento di una Schnell’s Penselpen, incertezza che è stata a mio avviso ingenerata principalmente
• dalla posizione di quella che appare come la “levetta” di carica (che risulterebbe però montata al contrario rispetto a (tutte) le altre levette della sua epoca!) e, soprattutto,
• dalla stampigliatura sul fusto delle Penselpen di un brevetto di Julius Schnell del 1914 (US-1144436) relativo ad un sistema di caricamento a scorrimento longitudinale (puro) che, però, a me non pare essere stato di fatto inserito sulle Penselpen del 1928.. :o
A complicare ulteriormente la questione potrebbe essere stato il grande Richard Binder, il quale nella sua Glossopedia così scrive:
«La Penselpen usa l’ingegnoso shift (slide) filler di Schnell… Una placchetta metallica, che assomiglia ad una levetta, scorre longitudinalmente nel canale ricavato sul fusto causando la compressione della barra di pressione. Sollevare la placchetta come se fosse una levetta ne causerebbe la distruzione».
Il sistema efficacemente sintetizzato da Binder (che, lo ripeto, corrisponde a quello descritto nel brevetto citato sul fusto della “Penselpen” del 1928) era già stato realizzato dallo stesso Schnell diversi anni prima per le “The Master Pen” della “Bankers Pen Company”, e veniva promosso adeguatamente dalla pubblicità di questa Casa come capace di «caricare la penna in un secondo con una mano sola», (e infatti affianca al motto l’immagine di un poppante!): https://vintagepensblog.blogspot.com/search?q=schnell.
Lo stesso sistema “a scorrimento longitudinale”, inoltre, verrà riesumato nella seconda metà degli anni Trenta (ca. 1937) dalla “Master Pen Co.” per la prevista “nuova versione” (post Grande Depressione) della “Penselpen”, chiamata però adesso “The Master Penselpen”, come risulta dal depliant messo a disposizione dai Pen Collectors of America:
35. The Master Penselpen depliant front -ca. 1937.jpg
36. The Master Penselpen depliant back - ca. 1937.jpg
Come si può osservare, anche qui, come nelle “Master Pen” Bankers degli anni Venti con il poppante, la pubblicità insiste sulla bontà/eccezionalità del sistema di “caricamento a scorrimento” (puro) «Patented “Slide Filling” Device», di cui allega orgogliosamente anche un’immagine dettagliata (in una cosiddetta “foto ai raggi X”): orbene, questo genere di puntualizzazioni in lode di un sistema di caricamento sicuramente molto “originale”, però, io non le ho mai, e ripeto mai, trovate nelle decine di pubblicità da me consultate e archiviate della “Schnell’s Penselpen”, la prima, quella “originale” del 1928/1929… Quale sistema montino realmente le “Schnell’s Penselpen”, se diverso da quello brevettato, proveremo a descriverlo attraverso il suo funzionamento qui sotto.
Ma prima vale comunque la pena di aggiungere che del “nuovo modello” di Penselpen del 1937, presentato nel depliant sopra allegato, io non ho trovato alcuna pubblicità sulla stampa quotidiana in USA/Canada (con ricerca 1930/1940), e anche in rete non conosco altre immagini di “The Master Penselpen” oltre a quella presente nella Glossopedia di Binder… Ciò potrebbe far ritenere che la “seconda Penselpen” (con clip-aeroplano ridisegnata e cappuccio “streamlined”) non sia nemmeno mai arrivata “in produzione” e che, soprattutto, il sistema di “caricamento a scorrimento [puro]” fosse sì molto elegante ma quasi certamente altrettanto “pericoloso”, poiché ogni fortuito ingaggio della “placchetta” a scorrimento longitudinale avrebbe potuto causare fuoriuscite indesiderate di inchiostro dal pennino: e la irrisoria diffusione “storica” di questo sistema (giudicabile dai pezzi oggi documentati in rete e disponibili sul mercato, dalle “imitazioni” d’epoca e dalle “riprese” in tempi moderni) starebbe in qualche modo a testimoniarlo…


Continua…
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Messaggio da Musicus »

Ma torniamo alla nostra Schnell Penselpen di ben dieci anni prima.

Orbene, almeno sul mio esemplare, non vi è certamente un caricamento “a scorrimento puro”, ma la “placchetta” a un certo punto deve essere sollevata e utilizzata come una “levetta” tradizionale!
Per cui, anticipando le mie conclusioni, a mio giudizio la Penselpen utilizza una variante (particolarmente elaborata) del “lever filler” e NON il caricamento di cui riporta il brevetto sul fusto.

La differenza con un “caricamento a levetta” tradizionale può essere rilevata su una Schnell Penselpen a prima vista:
- dalla presenza di una “gobba” (A) posta in posizione arretrata sulla levetta,
37. SP. Lever 1.jpg
- dalla presenza di due tacche (B) caratteristiche, contrapposte sui bordi della levetta stessa dalla parte opposta rispetto alla “gobba”,
- dalla mancanza sul fusto in celluloide dell’incavo che invita l’unghia al sollevamento della (paletta della) leva tradizionale, e contemporaneamente
- dalla presenza di un canale esterno in cui la levetta può scorrere, partendo da una posizione iniziale accostata verso la matita: in posizione di riposo la levetta gode di un certo “gioco” ed è libera di scivolare per 1 mm avanti e indietro (ma senza pressione decisa sulla “gobba” ciò non causa alcuna ulteriore conseguenza meccanica); ma nel canale la feritoia che alloggia il meccanismo si interrompe per lasciare il posto ad una sorta di piccola “rampa” smussata (C), di mezzo centimetro di lunghezza,
38. SP. Lever 2.jpg
che obbliga/accompagna la levetta a sollevarsi alla sua estremità, per poter essere ingaggiata più agevolmente dall’unghia.

Procedura di caricamento:
push & slide”: con il polpastrello “premere la gobba & contemporaneamente spingere la levetta” nel canale di scorrimento verso il pennino; a fine corsa, la levetta si troverà sollevata di ca. 1 mm al di sopra del canale , quanto basta per essere intercettata dall’unghia per il successivo sollevamento; la “barra di pressione” all’interno non ha ancora subito alcuna sollecitazione.
39. SP. Filling system x 6 - Copia 2 (4).jpg
lift: “sollevare la levetta” come in un sistema a leva tradizionale (anche se è al contrario! perché la levetta viene sollevata/accompagnata verso il fondello, e non verso il pennino come nel sistema universalmente diffuso). All’interno del fusto la barra di compressione adesso schiaccia il sacchetto.
[Come accorgimento dettato da decine e decine di caricamenti, io suggerisco di tener ferma la levetta premendo leggermente sulla gobba (praticamente facendo da “perno” :geek: ) mentre con l’unghia di un dito dell’altra mano si solleva la levetta stessa fino alla verticale, dove si ferma da sola e può restare a 90°: in questo modo si eviterà di farla scivolare all’indietro mentre la si solleva].
• Immergere il pennino nell’inchiostro,
• quindi effettuare l’abbassamento della levetta e il successivo scorrimento verso la posizione di riposo originaria (a filo del canale da cui rileva/fuoriesce soltanto la “gobba”);
• attendere i canonici 10 secondi per il riempimento graduale del sacchetto.

Un poco più laborioso di una levetta “normale", ma è questo il suo bello: non sarà una penna per tutti… :angel:

Brevemente vi darò conto delle peripezie per arrivare a caricare la mia, dopo che nell’attesa della penna mi ero documentato “alla buona” in rete...
Dopo aver cercato di caricare la penna appena arrivata dagli USA come si dovrebbe caricare una “Master”, cioè per semplice “scorrimento” (secondo il brevetto stampigliato sul fusto e seguendo l’ammonimento di Binder), senza aver ottenuto alcun risultato, avevo provato a seguire la procedura (simile a quella che vi ho appena descritto) pubblicata sul sito del venditore, ed ero così finalmente riuscito a caricare la penna, senza problemi… Non volendola “aprire” per guardarci dentro per non decadere dalla garanzia fornita dal venditore che la dava per “perfettamente funzionante”, ho deciso di chiedergli se avesse cambiato lui il sistema di caricamento, visto che non era affatto come descritto nel brevetto e come sostenuto da Binder. Ho così scoperto che chi me l’aveva venduta non l’aveva restaurata personalmente, ma l’aveva affidata al suo tecnico di fiducia, che aveva indicato in autonomia la procedura (tra l’altro assolutamente corretta!) da seguire. Ma messo di fronte al dilemma “il suo tecnico o la tesi di Binder” il venditore aveva rinnegato il collaboratore scrivendomi di non sollevare mai la levetta! :?
Non sapendo più cosa pensare, credevo ormai di essere incappato in un esemplare a cui avessero sostituito tutto il sistema di caricamento che, anche se funzionante perfettamente, poteva quindi non essere quello d’origine…
Finché non mi sono imbattuto in un articolo del nostro grande Peppepipes sul sito cugino di Pennamania (https://www.pennamania.it/forum/index.php?topic=9210.0) che esamina la questione dal punto di vista tecnico, con un utilissimo confronto tra i due sistemi attribuibili a Schnell: l’ottimo Marcello :clap: aveva trovato la possibile spiegazione, proprio qui in Italia!

Perciò il mio suggerimento per chi fosse interessato a questo affascinante strumento, è di evitate di acquistare penne da venditori che dichiarano di avere “restaurato” la “Schnell Penselpen” ma non sanno spiegarvi come si effettua il caricamento… ;)


13. I gruppi scrittura
La stilografica
La sezione prescelta dal veterano Schnell per la sua stilografica è realizzata in ebanite: vecchio stile, robusta e affidabile nel tempo, cosa che il costruttore aveva avuto la possibilità di verificare “personalmente” nel corso di una esperienza pluridecennale con il materiale, prima della comparsa sul mercato della celluloide, avvenuta proprio in quegli anni.

L’alimentatore, brevettato da Schnell stesso durante la I Guerra Mondiale (1916/1920 US-1357083), mostra un profilo decisamente insolito, squadrato e massiccio che va però assottigliandosi elegantemente verso la punta.
40. SP. Feed 1.jpg
La pubblicità decantava la capacità di questo alimentatore di erogare «fino all’ultima goccia» di inchiostro,
41. SP. Feed 2.jpg
e posso confermare che ciò è praticamente vero: la penna smette semplicemente di scrivere senza concedervi il benché minimo segno premonitore: ciò non è ovviamente tragico come esaurire il carburante su un aereo in volo ma, in oltre un anno di utilizzo, quando la penna m’ha mollato sul più bello, senza preavviso di sorta, qualche poco rispettoso “ringraziamento” in alsaziano l’ho pur rivolto al buon vecchio Julius…

Il pennino, in oro 14 carati, con foro di sfiato rotondo, è decorato con armoniosa semplicità da scritte e linee: in alto il nome della Marca, nel mezzo quello dello strumento, che ripropone l’iscrizione nell’elegante “corsivo” utilizzato anche sulla clip e sul fusto:
SCHNELL’S
______
Penselpen
______
42. SP. Nib inscription.jpg
Non è “imponente” se paragonato a quello delle ben conosciute top di gamma coeve, raffigurate però “furbescamente” a fianco della Penselpen nella pubblicità seguente,
43. The_Baltimore_Sun_Sun__Oct_27__1929_.jpg
The_Baltimore_Sun_Sun__Oct_27__1929
ma questo significa essenzialmente che il contenuto di oro nel pennino della Penselpen non era comparabile a quello delle “corazzate” prodotte dalle Big Four all’epoca; e tuttavia, il prezzo della Penselpen oversize era pari a quello di una Parker Duofold Deluxe e di una Sheaffer Balance Lifetime grandi: d’altronde erano pur sempre “due strumenti in uno”!

La punta è un vero F (misura di ingresso dichiarata nella gamma dei pennini disponibili, che arrivavano fino al B stub),
44. SP. Nib point F.jpg
molto preciso e scorrevole, che permette una variazione di tratto non irrilevante se si sceglie una scrittura più “espressiva”.
45. SP. Writing sample 1.jpg


Continua…
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Messaggio da Musicus »

La matita
La matita meccanica ha le funzioni avanzate denominate “propel/repel/expel”, che si comandano ruotando direttamente il cono metallico in senso antiorario per l’estrazione della mina e, ovviamente, in senso orario per il suo rientro.
46. SP. Automatic pencil 1.jpg
Io non sono riuscito a rimuovere il moncone della gomma (“eraser”), che era quasi sicuramente inserita a pressione (forse con una sorta di rinforzo metallico),
47. SP. Automatic pencil 2.jpg
che fa da “coperchio” alla cavità in cui si stivano le mine di riserva, per una lunghezza dichiarata dalla pubblicità di ben 6” (poco più di 15 cm lineari) sempre disponibili, e con la possibilità di scegliere diverse “durezze” per i ricambi.
Può darsi (anche se non credo) che le mine si caricassero dal retro (dalla parte della gomma, cioè) ma, in ogni caso, si possono sempre e comunque caricare anche dalla punta (dove rimane disponibile una lunghezza fino a 2,3 cm).
48. SP. Writing sample 2.jpg


Conclusioni
L’ergonomia dello strumento è eccellente: nonostante il peso della matita (con al suo interno componenti in metallo ferroso rilevate dalla calamita) aggiunga una variabile inusuale nell’impugnatura della stilografica, la possibilità di calzare il cappuccio a fondo riequilibra quel tanto che basta il baricentro.
Se sto lavorando a degli appunti informali, però, questa è l’unica penna che posso impugnare senza calzarlo, il cappuccio, vuoi per la lunghezza già notevole del fusto (oltre i 14 cm), vuoi per poter usufruire all’istante del plus dato dalla matita rossa all’altra estremità, che diviene disponibile con un semplice capovolgimento del fusto tra le dita, in meno di un secondo e mezzo. Ciò è “tayloristicamente” encomiabile :D : Schnell affermava, infatti, che il lavoratore dotato di una combo Penselpen poteva produrre ben il 30% in più di uno coi due strumenti tradizionali separati...
Ma quando la mia scrittura è un rilassato ricopiare in bella appunti precedentemente corretti, allora mai mi priverei della possibilità di percepire subliminalmente ad ogni tratto il baluginare della splendida clip, e trarne ispirazione… :ugeek:

La Penselpen mi era apparsa da subito così straordinaria che avevo immediatamente provveduto a procurarmi un porta-penne da scrivania a lei dedicato, in vista del “lavoro duro”, quando il cappuccio calzato impedirebbe l’uso immediato della matita:
49. SP. Penselpen on pen holder 1.jpg
moderno, in plexiglass e metallo, con tre scanalature, accoglie degnamente ed esclusivamente questa mia splendida prossima centenaria, da un anno sempre pronta al decollo…
50. SP. Penselpen on pen holder 2.jpg

Grazie per l’attenzione!! :thumbup:

Giorgio
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Messaggio da riktik »

Bellissima monografia, complimenti.
Non amo gli strumenti multifunzione, ma trovo la ricerca storica che hai condotto molto accurata e coinvolgente.
Ho molto apprezzato.

grazie

Marco
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Messaggio da eppoh2 »

Wow, che bel reportage interessante. :clap:
Congratulazioni.
Non ho mai sentito o letto di SCHNELL "PENSELPEN" prima d'ora.
Günter

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Messaggio da lucawm »

Grazie, che presentazione! Complimenti :clap:
Prima o poi mi toccherà recuperare una penna combo.
Interessante la parte tecnica, i meccanismi di caricamento non convenzionali mi affascinano sempre.
Buona giornata
Pippo
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Messaggio da Pippo »

Grazie per l'approfondita ed interessantissima relazione e complimenti per il gran lavoro di ricerca :clap: :clap: ! Ammetto l'ignoranza: non conoscevo...
Luca
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Messaggio da Musicus »

riktik ha scritto: martedì 28 giugno 2022, 12:36 Bellissima monografia, complimenti.
Non amo gli strumenti multifunzione, ma trovo la ricerca storica che hai condotto molto accurata e coinvolgente.
Ho molto apprezzato.

grazie

Marco
Ciao, Marco, grazie a te per il bel commento! :thumbup:
In Europa la moda delle "combo" non attecchì tra i Produttori e quindi nemmeno tra il pubblico, e questo è molto strano perché all'epoca copiavamo qualsiasi cosa provenisse dagli USA...
Ma solo un paio di anni dopo (era il 1930 ca.) a Genova si progettava e realizzava la prima stilografica con doppio pennino Zerollo!!!

eppoh2 ha scritto: martedì 28 giugno 2022, 12:50 Wow, che bel reportage interessante. :clap:
Congratulazioni.
Non ho mai sentito o letto di SCHNELL "PENSELPEN" prima d'ora.
Günter

Tradotto con www.DeepL.com/Translator
Pippo ha scritto: martedì 28 giugno 2022, 15:20 Grazie per l'approfondita ed interessantissima relazione e complimenti per il gran lavoro di ricerca :clap:! Ammetto l'ignoranza: non conoscevo...
Grazie a Günter e a Pippo per il riscontro e per gli apprezzamenti, molto graditi! :thumbup:
La Penselpen è la classica penna che vista una volta, non si dimentica più...

:wave:

Giorgio
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Messaggio da Musicus »

lucawm ha scritto: martedì 28 giugno 2022, 15:13 Grazie, che presentazione! Complimenti :clap:
Prima o poi mi toccherà recuperare una penna combo.
Interessante la parte tecnica, i meccanismi di caricamento non convenzionali mi affascinano sempre.
Buona giornata
Ciao, Luca, grazie del commento che mi fa molto piacere! :thumbup:
Quando potrai toccare una Penselpen, allora ti accorgerai anche della superiore qualità costruttiva (paragonabile a quella delle Big Five più la Swan ;) ) rispetto alle decine e decine di modelli di combo di modesta o scarsa qualità immessi sul mercato americano negli anni Trenta. ;)

:wave:

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Messaggio da muristenes »

Caro Giorgio, la tua ormai proverbiale attenzione ai dettagli ti porta addirittura a tratteggiare la biografia dei precedenti proprietari! :D
È sempre un piacere leggere i tuoi interventi così ricchi di spunti interessanti e ben documentati.
Grazie ancora! :thumbup:
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Messaggio da Mir70 »

Giorgio , le tue monografie sono di una piacevolezza unica da leggere , e questa non fa eccezione . La penna è una meraviglia , sembra di osservare un gioco di magia : guardi quella punta così lunga ed affusolata , e un attimo dopo appare un pennino in tutto il suo splendore , la rigiri tra le mani ed ecco scomparire il pennino... eppure è la stessa penna. Magnifica.

Guardo le tue penne, leggo ciò che scrivi - e come scrivi -, butto un occhio alla tua grafia , e mi prende lo sconforto : meglio che io lasci lì le stilografiche e mi dedichi piuttosto al gioco del burraco .

Complimenti ancora.
Mirko
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Messaggio da piccardi »

Grazie Giorgio,

splendida penna, splendida presentazione, ma il livello della ricerca storica sta ancora parecchie spanne più in alto.
Mi sono letto con calma tutto stasera, perché meritava il tempo dovuto, e piano piano proverò a sistemare il wiki (le correzioni più grosse le ho già fatte), che al riguardo era (ed ancora è) molto deficitario.

Simone
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